Vi propongo le parole di Luigi Einaudi al riguardo dell’Ordine dei Giornalisti: “Albi di giornalisti! Idea da pedanti, da falsi professori, da giornalisti mancati, da gente vogliosa di impedire altrui di pensare colla propria testa. Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire o che semplicemente sentono di poter dire meglio o presentar meglio la stessa idea che gli altri dicono o presentano male…Giudice della dignità o indegnità del giornalista non può essere il giornalista, neppure se eletto membro del consiglio dell’ordine od altrimenti chiamato a dar sentenza sui colleghi…In una professione della quale tutti possono essere chiamati a far parte per una ora o per un anno o per tutta la vita…nella quale sono sempre vissuti, gli uni accanto agli altri, imbrattacarte e grandi pubblicisti, …che cosa significa un tribunale di pari? Null’altro che uno strumento fazioso per impedire agli avversari, agli antipatici, ai giovani, agli sconosciuti l’espressione libera del pensiero…Ammettere il principio dell’albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”.
L’affermazione iniziale, Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire, si apre ad alcune precisazioni. Se è vero che un giornalista, per essere tale, deve avere qualche cosa da dire, non è sempre certo che chiunque sia in possesso di un’opinione possa e debba essere un giornalista. In linea di massima, tutti hanno qualche cosa da dire, nel bene e nel male. Internet, i blog, i forum e i social network ci danno la possibilità (e l’illusione, allo stesso tempo) di arrivare a qualsiasi notizia, di intervenire in molti dibattiti, di dire la nostra su ogni argomento scottante o meno. In questo senso, certamente tutti abbiamo da dire qualche cosa. Ma un conto è condividere un tweet, un altro è fare del vero giornalismo. E questo non è un discorso elitario, ma è solo un modo per dare anche un po’ di dignità e professionalità al mestiere del giornalista. Detto questo, le discussioni attorno all’utilità o meno dell’Ordine dei Giornalisti sono quasi quotidiane, dal momento che il problema è stato inserito anche nelle iniziative e nei programmi di molti partiti (e movimenti. L’ultimo tentativo di abolirlo è del M5S). I vari attacchi sono stati sferrati direttamente in Parlamento o attraverso l’opinione pubblica, con dei referendum abrogativi, ma nulla da fare: l’Ordine ancora resiste, con le stesse regole del 1963, il numero degli iscritti che sale inesorabilmente, i suoi cinque milioni di euro di entrate all’anno solo per le quote e il suo respiro limitato e ben poco europeo.
Quella dell’Ordine dei Giornalisti è una problematica tutta italiana, ma non si pensi che anche altrove, in Europa, comunque non si discuta della situazione internazionale del giornalismo. Le associazioni European Alternatives (promotrice della partecipazione attiva dei cittadini europei alle questioni politiche, culturali e sociali) e Alliance Internationale de Journalistes lavorano insieme dal 2010 per l’istituzione di un’iniziativa europea per il pluralismo dei media, seguendo l’idea che le istituzioni europee debbano salvaguardare il diritto ad un’informazione libera, indipendente e pluralista. Come? Attraverso un’ICE, cioè un’Iniziativa dei Cittadini Europei. È un nuovo e importante strumento di democrazia partecipativa, che permette di presentare direttamente alla Commissione Europea una proposta legislativa, a patto che quest’ultima sia supportata da almeno un milione di cittadini in sette Paesi europei. Le proposte di Media Initiative (questo il nome del progetto) sono quattro e sono assai chiare:
1. Una legislazione efficace per evitare la concentrazione della proprietà dei media e della pubblicità;
2. Una garanzia di indipendenza degli organi di controllo rispetto al potere politico;
3. Sistemi di monitoraggio europei più chiari per verificare con regolarità lo stato di salute l’indipendenza dei media negli Stati Membri;
4. Linee guida e best practices dei nuovi modelli di sostenibilità editoriale per garantire un giornalismo di qualità e maggiori garanzie ai lavoratori del settore.
Il sito del progetto ha al suo interno una mappa dell’Europa interattiva, dalla quale informarsi sulla libertà dei media attraverso i profili dei vari Paesi. L’Italia è al 57° posto nell’indice mondiale per la libertà di stampa. Neanche a dirlo, il nome di Silvio Berlusconi svetta nelle prime due righe della didascalia. L’Italia, per quanto riguarda l’indipendenza e il pluralismo dei media, è stata per troppo tempo una cattiva maestra, con un servizio pubblico radiotelevisivo assoggettato alla poetica e ai poteri economici. Quella proposta da Media Initiative non è un’altra petizione online, destinata a perdersi nel nulla, ma si tratta di un vero e proprio esercizio di democrazia dal basso. I moduli per la partecipazione al progetto possono essere facilmente compilati anche dal sito stesso. di democrazia dal basso. I moduli per la partecipazione al progetto possono essere facilmente compilati anche dal sito stesso.
20D
L’affermazione iniziale, Giornalisti sono tutti coloro che hanno qualcosa da dire, si apre ad alcune precisazioni. Se è vero che un giornalista, per essere tale, deve avere qualche cosa da dire, non è sempre certo che chiunque sia in possesso di un’opinione possa e debba essere un giornalista. In linea di massima, tutti hanno qualche cosa da dire, nel bene e nel male. Internet, i blog, i forum e i social network ci danno la possibilità (e l’illusione, allo stesso tempo) di arrivare a qualsiasi notizia, di intervenire in molti dibattiti, di dire la nostra su ogni argomento scottante o meno. In questo senso, certamente tutti abbiamo da dire qualche cosa. Ma un conto è condividere un tweet, un altro è fare del vero giornalismo. E questo non è un discorso elitario, ma è solo un modo per dare anche un po’ di dignità e professionalità al mestiere del giornalista. Detto questo, le discussioni attorno all’utilità o meno dell’Ordine dei Giornalisti sono quasi quotidiane, dal momento che il problema è stato inserito anche nelle iniziative e nei programmi di molti partiti (e movimenti. L’ultimo tentativo di abolirlo è del M5S). I vari attacchi sono stati sferrati direttamente in Parlamento o attraverso l’opinione pubblica, con dei referendum abrogativi, ma nulla da fare: l’Ordine ancora resiste, con le stesse regole del 1963, il numero degli iscritti che sale inesorabilmente, i suoi cinque milioni di euro di entrate all’anno solo per le quote e il suo respiro limitato e ben poco europeo.
Quella dell’Ordine dei Giornalisti è una problematica tutta italiana, ma non si pensi che anche altrove, in Europa, comunque non si discuta della situazione internazionale del giornalismo. Le associazioni European Alternatives (promotrice della partecipazione attiva dei cittadini europei alle questioni politiche, culturali e sociali) e Alliance Internationale de Journalistes lavorano insieme dal 2010 per l’istituzione di un’iniziativa europea per il pluralismo dei media, seguendo l’idea che le istituzioni europee debbano salvaguardare il diritto ad un’informazione libera, indipendente e pluralista. Come? Attraverso un’ICE, cioè un’Iniziativa dei Cittadini Europei. È un nuovo e importante strumento di democrazia partecipativa, che permette di presentare direttamente alla Commissione Europea una proposta legislativa, a patto che quest’ultima sia supportata da almeno un milione di cittadini in sette Paesi europei. Le proposte di Media Initiative (questo il nome del progetto) sono quattro e sono assai chiare:
1. Una legislazione efficace per evitare la concentrazione della proprietà dei media e della pubblicità;
2. Una garanzia di indipendenza degli organi di controllo rispetto al potere politico;
3. Sistemi di monitoraggio europei più chiari per verificare con regolarità lo stato di salute l’indipendenza dei media negli Stati Membri;
4. Linee guida e best practices dei nuovi modelli di sostenibilità editoriale per garantire un giornalismo di qualità e maggiori garanzie ai lavoratori del settore.
Il sito del progetto ha al suo interno una mappa dell’Europa interattiva, dalla quale informarsi sulla libertà dei media attraverso i profili dei vari Paesi. L’Italia è al 57° posto nell’indice mondiale per la libertà di stampa. Neanche a dirlo, il nome di Silvio Berlusconi svetta nelle prime due righe della didascalia. L’Italia, per quanto riguarda l’indipendenza e il pluralismo dei media, è stata per troppo tempo una cattiva maestra, con un servizio pubblico radiotelevisivo assoggettato alla poetica e ai poteri economici. Quella proposta da Media Initiative non è un’altra petizione online, destinata a perdersi nel nulla, ma si tratta di un vero e proprio esercizio di democrazia dal basso. I moduli per la partecipazione al progetto possono essere facilmente compilati anche dal sito stesso. di democrazia dal basso. I moduli per la partecipazione al progetto possono essere facilmente compilati anche dal sito stesso.
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