Novecento, novecentonovanta. Sesto San Giovanni appare finalmente, fulgido concatenarsi di colate d'acciaio, speranza operaia brillante di violente luci elettriche. Sale la città, da little Manchester a Stalingrado d'Italia, in un vortice roboante di mattoni e ciminiere, cemento ed effluvi, forgiata, lei come prodotto, da braccia che abbandonarono la terra per rampicare le libere nubi color cenere. La rivoluzione dell'elettricità senza soviet era arrivata alle porte della borghese, benpensante quanto malagente Milano. Avamposto, più bolscevico che guevarista, stabilito a sei miglia, qualche fermata di tram, dalla lombarda Miami da bere. Gli orchestrali in tuta blu suonano, simultaneità in ancestrale sincronia, una marcia di milizia emancipante in quattro quarti ed otto ore nei timpani dei colletti bianchi accomodati al sole della madonnina.
Duemilaquattordici. Parcheggio a qualche centinaio di metri dalla fermata della metro rossa, di fronte a un centro massaggi cinese. Sesto Rondò. Poco lontano, qualche bar aperto per circostanza, un'area verde doverosamente recintata e il fantasma di un'imminente sala scommesse della SNAI.
Piove grigio.
Il terreno trema ad intervalli regolari per il passaggio della metropolitana, l'aria trema ad intervalli irregolari per il passaggio del regionale arrugginito. Solo palazzi riflettenti in vetro svettano al di sopra della coltre nebulosa che avvolge, soffice e microparticellata, gli ex alloggi della manodopera industriale, annunciando al passante di lontano la caduta di Stalingrado.
L'incontro con Luca Tentori, esponente del movimento politico Stato & Potenza, è stabilito per le sette di sera, non a Sesto. Stato & Potenza è aspirante partito e portatore di posizioni inedite, talvolta esclusive, talvolta agli antipodi del senso comune. Nato come "periodico d'informazione socialista", è stato l'unico soggetto politico dell'Europa occidentale ad aver partecipato all'ultima conferenza dei partiti socialisti a Città del Messico ( Los Partidos y una Nueva Sociedad, promossa dal locale Partido del Trabajo) e vanta collaborazioni con soggetti politici siriani, bielorussi, turchi, serbi. L'assoluta originalità di ciò con cui sono venuto a contatto mi impone di partire dall'inizio, ovvero dal nome.
Tentori risponde, camicia dell'E.I. infilata nei pantaloni, in modo preciso e corsivo.
Stato e Potenza è il titolo di un'opera di Gennadij Zijuganov, membro fondatore e primo, nonché attuale, segretario del KPRF (Partito Comunista della Federazione Russa, NdR). Il titolo originale è Derzhava (Держава), termine russo traducibile, letteralmente, con 'statualità'. Statualità indica la capacità dei cittadini di un dato territorio di poterlo governare in modo determinante, quindi attraverso il potere decisionale sull'economia. Lontano quindi, molto lontano dal modello euroamericano attuale, che potremmo definire ultra-neoliberista. Modello che predica uno Stato ridotto ai minimi termini, in primo luogo in campo economico.
Gennadij Zijuganov, candidato alle presidenziali sia nel 2008 che nel 2012, risultò perdente rispettivamente contro Medvedev e Putin, piazzandosi al secondo posto in entrambe le consultazioni. La vulgata, qui incarnata nella diceria secondo cui il popolo russo avrebbe vissuto la fine del comunismo come una benedizione, riceve il primo colpo non da poco. Un colpo da secondo partito in un paese, per di più in crescita economica, di 143 milioni di abitanti.
La parola derzhava in realtà, in russo, indica anche un particolare araldico: è il nome del globo retto dall'artiglio destro dell'aquila bicipite, lo stemma presidenziale derivato direttamente da quello zarista.
Ivan III, all'epoca dell'agonia di Costantinopoli, introdusse l'uso dell'aquila bicipite come stemma imperiale tramite il matrimonio con una parente dell'ultimo basileus. L'idea di fondo, oltre al probabile fascino derivante dall'acquisizione di un simbolo tanto prestigioso, era quella di proporre l'Impero Russo come legittimo continuatore della Bisanzio ortodossa: Mosca terza Roma.
L'ideale cesaropapismo del non terribile Ivan era rappresentato dai due oggetti retti dall'aquila: uno scettro per il potere temporale, un globo crociato per il potere spirituale. Zijuganov e Tentori alludono anche a questo significato, preparando il secondo colpo alla vulgata.
Zijuganov fa coscientemente uso del termine per riferirsi al duplice aspetto di uno Stato: materia e spirito. Valorizza il legame del Partito Comunista della Federazione Russa con le tradizioni culturali, anche quelle religiose. A questo proposito, dà una grande importanza alla Chiesa Ortodossa che, dopo un periodo iniziale di furore anticlericale da parte dei quadri bolscevichi, ha vissuto in una latente sintonia con il governo sovietico a partire dagli anni '40. Inizialmente, Stalin recuperò la tradizionale identità culturale russa come collante per resistere all'invasione tedesca, accantonando quindi le visioni marxiste più integraliste che vogliono la religione essere il celebre 'oppio dei popoli'.
La spiritualità tradizionale russa ha contribuito, senza dubbio, alla vittoria nella Grande Guerra Patriottica (terminologia russa, prima sovietica, per indicare la II Guerra Mondiale, NdR).
La latente sintonia veniva dal fatto che entrambe le entità (governo sovietico e cristianità ortodossa) poggiavano su un terreno comune: la tradizionale tendenza russa al collettivismo.
Zijuganov, in quest'opera che non costituisce un contributo al marxismo-leninismo ma un saggio politico autonomo e, è importante specificarlo, legato all'ambiente culturale russo, allude ai diversi significati di derzhava per chiarire che anche il materialismo di matrice occidentale è un nemico. Un nemico che ha imperversato in Russia per tutti gli anni novanta, gli anni di Boris Eltsin.
Stato e Potenza incorpora anche una visione geopolitica ben precisa, che si lega, tra le altre cose, al neo-eurasiatismo russo e alle teorie di Mackinder e Spykman, ai concetti di heartland e rimland e alla derivata contrapposizione tra potenze di terra e potenze marittime (si ricordi, per analogia, il great game ottocentesco tra inglesi e russi).
Scoprire perciò che Derzhava fu anche il primo nome del panfilo imperiale dello Zar è stato sorprendente. Nicola II, a capo della più grande potenza di terra del mondo, resosi forse conto dell'assurdità implicita, vagamente malaugurante, nel navigare per il mondo con quel nome, lo cambiò poi in Dvina. Come il fiume che attraversava il suo regno. La disperata rettifica non riuscì comunque a salvargli la testa.
Tornando al collettivismo tradizionale russo, si può dire che l'innesto del comunismo, oggetto di fabbricazione europea, in un paese come la Cina ha beneficiato di un terreno analogo, forse addirittura molto più fecondo. A proposito di Cina:
Il socialismo del ventunesimo secolo è un socialismo di mercato, un sistema che trae ispirazione dalle riforme di Deng Xiaoping: industria pesante, energetica e strategica in mani statali; piccole e medie imprese in mani private, in un sistema non necessariamente chiuso agli investimenti stranieri, anzi. La borghesia nazionale può essere una risorsa utilissima allo sviluppo economico, al contrario di quella compradora, transnazionale, oligarchica. Lo stesso Zijuganov sostenne immediatamente l'esigenza di riforme analoghe negli ultimi anni dell'URSS, impantanata tra la stagnazione e la disastrosa perestroijka.
Passando al presente, non si possono evitare due domande, figlie una del discorso sviluppato sinora, l'altra del constatare la misera condizione del Paese in cui lo stiamo sviluppando.
"Uno. Cosa è la crisi. Due. Che ce ne frega in Italia di Zijuganov."
Abbiamo delegato a un'autorità virtuale, quella dei "mercati", la gestione dell'economia reale. Questo è sotto gli occhi di tutti. Stiamo però vivendo anche la ristrutturazione dell'apparato economico europeo secondo la linea statunitense, quella che prevede che il mondo sia diviso in comparti economici: ci stiamo trasformando in una mera economia complementare.
A dimostrazione di questo fatto, nonostante il sempre più evidente ridimensionamento geopolitico degli Stati Uniti, la loro economia è in crescita. I maggiori costi, in termini puramente economici ma anche di stato sociale, li sta pagando l'UE. Intanto, la deindustrializzazione italiana avanza: l'ILVA, Piombino, Terni...e insieme all'apparato industriale, è in via di svendita tutto il settore pubblico. Le aziende pubbliche italiane in passato sono incappate in un errore fatale: vedersi più come ente di beneficenza che come aziende competitive, in grado di produrre utili. Però, non va dimenticato che, già nelle prime fasi della dismissione, c'è stato un dolo.
Zijuganov interessa tutti noi europei proprio per la volontà, anzi la necessità, di schierarsi anche contro il materialismo di matrice occidentale. I valori della collettività erano comuni a tutta l'Europa, prima della cosiddetta globalizzazione, che preferisco chiamare "americanizzazione".
Da buon cronachista, devo riportare per inciso un terzo, più sottile colpo alla vulgata: Gennadij Zijuganov è credente, cristiano ortodosso praticante.
"Come se ne esce." - altra domanda da cui non si può sfuggire. Non approfondisco invece, forse sbagliando, la parola dolo.
L'Italia, nel già grave momento storico-economico di cui abbiamo parlato prima, è affetta da due ulteriori grandi problemi, di natura differente tra loro ma ugualmente paralizzanti: la scarsità di risorse energetiche sul territorio nazionale e l'innalzamento continuo dell'età media della popolazione.
"Ce n'è un terzo - continuo - l'immigrazione massiccia e incontrollata, quella che fornisce manodopera disperata a bassissimo costo, quella che non richiede, che non può richiedere garanzie salariali e sindacali."
In realtà, solo a posteriori mi sono ricordato di un quarto fattore italiano, molto più paralizzante.
Le mafie. Oppure, vista la percentuale di PIL creata dalla sola 'ndrangheta, è una questione di terreno conteso, di mutuo antagonismo più che di paralizzato e paralizzante. La paralisi è d'ordine più etico che economico. Lo stesso, solo a prima vista paradossale, principio per cui il falso invalido crea domanda interna.
In ogni caso, l'argomento è complesso e si rischia di dover scrivere un tema andando fuori tema.
Chiaro, l'immigrazione è un problema, ma anche questo problema ha radici nel rapporto col nostro vicino atlantico. Basti vedere come è stata gestita la situazione in Libia, o le vicende delle cosiddette 'primavere arabe' in nordafrica. Gli europei hanno agito in nordafrica, e recentemente anche in Africa centrale, da bracci armati di Washington. Un'Unione Europea realmente autonoma non avrebbe mai permesso la presenza di polveriere del genere ad un passo dai suoi confini meridionali, con tutto quel che comporta quella presenza.
Sudditanza che si rende evidente anche nell'atteggiamento verso il principale partner commerciale dell'Unione, ovvero la Russia, le cui sanzioni su spinta americana si ripercuotono pesantemente sull'economia, già molto provata, del subcontinente europeo.
La fascinazione filorussa di Stato & Potenza non sembra però potersi esaurire nella semplice volontà di costruire, o preservare, rapporti commerciali utili a risollevare il nostro Paese. La, a tratti, vera e propria idolatria per tutto ciò che è eurorientale porta ad approvare alcuni aspetti della contemporaneità post-sovietica ampiamente contestabili, uno su tutti la preservazione di ciò che si presenta come tradizionale tout court. Sul giornale online di SeP si trovano articoli che inneggiano alle politiche anti-gay putiniane in quanto tali, non perché siano strategicamente utili a contrastare l'influenza occidentale sul mondo. Non è raro vedere e sentire qualche esponente di SeP ergersi a difensore di una presunta morale eternamente valida, attualmente sotto attacco del relativismo occidentale, ritenuto responsabile della diffusione della prostituzione, della tossicodipendenza, come se le cattive abitudini fossero conseguenza della presenza di basi NATO sul territorio nazionale. È indubbio che la sottomissione militar-economica abbia un suo peso nella definizione dei valori sociali, ma a questo punto ci si potrebbe chiedere perché quel mestiere lo si chiami il più antico del mondo, o perché mai alcol e droghe varie attraversino tutta la storia dell'umanità da che si ha memoria scritta. La repressione, da qualcuno auspicata, per definizione reprime, non cancella.
Ancora non è raro che alcuni esponenti, in continuità con l'ormai storica nouvelle droite, rimpiangano l'Unione Sovietica non per ciò che ha rappresentato nella storia della conquista dei diritti sociali, ma per la sua funzione di baluardo, culturale e ancor più territoriale, contro l'avanzata del relativismo occidentale.
Citando Emanuele Severino, l'URSS fu, d'altronde, l'ultimo vero nuovo soggetto capace di pretendere un'episteme, in sostanziale discontinuità con la weltanshauung liberaldemocratica. Citando Popper, citato a sua volta dal padre del neo-eurasiatismo Alexandr Dugin, è scontro tra società chiusa e società aperta. Vero è che la singola opinione espressa da un membro può non essere interamente aderente alla visione di un partito, ma non è un caso che il nome di Dugin sia frequentemente presente tra le pagine online di SeP, così come non è un caso che lo sia Luc Michel, segretario del Partito Comunitario Nazional-Europeo, erede diretto di quel Thiriart fondatore della Jeune Europe.
SeP nella sua ancor breve storia ha organizzato manifestazioni in favore della Giamahiria libica, della Siria di Assad, della Palestina e, al tempo dell'intervista con Tentori, in supporto dell'autoproclamata Repubblica Popolare del Donbass e per l'integrità territoriale della Federazione Russa.
A questo proposito, Tentori riprende la parola.
Con queste iniziative ci vestiamo da patrioti, socialisti e identitari. L'Italia, nella nostra visione, deve avvicinarsi al Patto di Shanghai, ai BRICS, alla Federazione Russa, se vuole risollevarsi, se non vuole rassegnarsi alla decrescita forzosa, al ruolo di comprimario sulla scena mondiale e cortile di casa degli USA, occasionalmente futuro fornitore di manodopera a basso costo. Guardare non più ad ovest, ma ad est. Uscire dalla NATO e dall'Euro, per quanto questo percorso sarà arduo e lungo. Sovranità militare e sovranità monetaria. Destra e sinistra? Non siamo oltristi, non siamo per la terza posizione, semplicemente non ci interessano queste contrapposizioni. Nelle nostre iniziative, subiamo alternativamente l'ostilità degli antifa se siamo a Milano, dei fa se siamo a Roma. L'unico partito politico che finora ci ha ufficialmente appoggiati in alcune occasioni è stato il Partito dei Comunisti Italiani, con anche rischi di espulsione da parte di chi ha preso l'iniziativa.
Fui personalmente testimone di uno di questi eventi. Era una conferenza nella sede del PdCI di Terni, conclusasi con la minaccia di espulsione da parte della segreteria nazionale recapitata al segretario locale, colpevole di aver fraternizzato con individui fascisteggianti.
"Quindi vi candidate?"
Per ora, stiamo crescendo e facendoci conoscere. La fase successiva sarà cercare di creare una rete nazionale, di radicarci nel territorio. Sappiamo perfettamente che il nostro non potrebbe essere un partito di massa, per questo puntiamo a una struttura fatta di militanti, di persone disposte a dare sul piano personale. Noi non vogliamo le rivolte di piazza, siamo contro qualsiasi azione che rechi danno a cose o persone. Noi puntiamo a portare le idee davanti alle istituzioni.
Potremmo, poi, doverci preparare a costruire delle strutture territoriali in grado di sopperire alle mancanze, in termini di stato sociale, che si potrebbero verificare nei prossimi anni nel nostro Paese, un po' come Hezbollah in Libano.
Hezbollah che SeP ha incontrato personalmente qualche tempo fa, in forma diplomatica a Beirut.
Percepisco, nelle parole 'piano personale', una frecciata diretta proprio a me. Perché, per onestà intellettuale, devo dire di essere molto vicino alla grande maggioranza delle posizioni di SeP, tanto da aver più volte in passato promesso presenze a manifestazioni e conferenze. Presenze e appoggi che ho poi man mano ritirato, per aver colto dei lati oscuri inconciliabili con la mia persona, mia persona che come molto spesso succede soffre di solitudine ideologica.
Lati oscuri che non posso negare a chi legge e che si riassumono in un solo, ancorché fondamentale, concetto: la definizione di sé per via negativa.
Dietro la volontà di Tentori di negare, o superare, o ignorare la dicotomia destra-sinistra, che chi scrive constata già cadaverica, si nasconde un'altra dicotomia ambigua nei suoi due poli e dal carattere tanto estremamente fluttuante, quanto estremamente pericoloso: quella tra imperialismo e antimperialismo. L'opposizione all'imperialismo occidentale porta Stato & Potenza a giustificare qualsivoglia evento, soggetto, entità statale o ideologica, partito o movimento che svolga una funzione contraria all'interesse del capitalismo occidentale, con corredo culturale, nel mondo. Questo appoggio strategico, necessariamente cinico per un movimento che si propone con tale radicalità e intransigenza, porta ad apologie di Stati come la NordCorea, porta a bollare critiche del tutto legittime alla stato di diritto vigente in nazioni come l'Iran, la Cina e la Russia come propaganda mediatica filoamericana tesa a tener ben stretta la catena al collo del più debole alleato europeo. Questo, per opinione dello scrivente, è solo un aspetto, che viene alla luce nello strumentale tempismo sospetto con cui alcune questioni vengono martellate all'opinione pubblica, ma il problema del diritto umano e del diritto civile negato non può essere liquidato come menzogna propagandistica, pena la liquidazione del concetto stesso di diritto umano e diritto civile, per cui l'Europa, la nostra tanto amata e maltrattata Europa, ha versato per decenni se non secoli fiumi di inchiostro, sudore e sangue. L'antica quanto logorroica differenza tra forma e sostanza si prende un paio di righe ancora una volta.
Ulteriore perplessità che esprimo a Tentori è quella che riguarda la propaganda che, se non accompagnata dagli articoli sempre approfonditi con ammirevole scientificità e precisione di dati e fonti, sembra essere diretta esclusivamente alle ali più estreme della destra e della sinistra extraparlamentare nostrana. I manifesti di SeP che si possono trovare online creano, nel cittadino italiano medio, un sentimento di rigetto quasi immediato o, quando va bene, un senso di compartecipazione folklorica. Il dirigente con la camicia dell'esercito, ex Lotta Comunista, tronca il discorso invitando semplicemente l'interessato a informarsi sui contenuti, a non fermarsi al manifesto.
Ci salutiamo con una stretta di mano e qualche sorriso d'amicizia.
Nel tempo che è intercorso tra l'incontro e la pubblicazione, apprendo che la seconda fase è iniziata: Stato & Potenza ha cessato di esistere, trapassando in un soggetto politico di nome Socialismo Patriottico. Un soggetto che, stando al comunicato in dì 29/7/14, ha inglobato strutture locali preesistenti e punta a stabilire un rapporto più approfondito con il territorio.
I difetti di eccessiva astrazione del movimento che agglomerava ex militanti di Lotta Comunista e Fiamma Tricolore sembrano essere in corso di correzione. Il salto di qualità.
Resta da vedere quanto un partito del genere possa essere necessario, resta da vedere il prezzo che il mio Paese dovrà pagare nei prossimi anni.
Resta da sperare che il prezzo che l'Italia pagherà, che ogni italiano pagherà sulla propria pelle negli anni che ancora sembrano spettare alla catastrofe economica e politica della nostra parte di mondo sia abbastanza, sia abbastanza da rendere superfluo Stato & Potenza.
Resta da sperare che il lato oscuro, come già innumerevoli volte è accaduto nella storia del nostro Paese, della nostra civiltà, nel mondo intero, non assuma le fattezze proprie dell'inevitabilità storica.
Speranza. Integrità e speranza. Umanità e speranza.
Che viva la Patria, che viva il socialismo.
24F
Duemilaquattordici. Parcheggio a qualche centinaio di metri dalla fermata della metro rossa, di fronte a un centro massaggi cinese. Sesto Rondò. Poco lontano, qualche bar aperto per circostanza, un'area verde doverosamente recintata e il fantasma di un'imminente sala scommesse della SNAI.
Piove grigio.
Il terreno trema ad intervalli regolari per il passaggio della metropolitana, l'aria trema ad intervalli irregolari per il passaggio del regionale arrugginito. Solo palazzi riflettenti in vetro svettano al di sopra della coltre nebulosa che avvolge, soffice e microparticellata, gli ex alloggi della manodopera industriale, annunciando al passante di lontano la caduta di Stalingrado.
L'incontro con Luca Tentori, esponente del movimento politico Stato & Potenza, è stabilito per le sette di sera, non a Sesto. Stato & Potenza è aspirante partito e portatore di posizioni inedite, talvolta esclusive, talvolta agli antipodi del senso comune. Nato come "periodico d'informazione socialista", è stato l'unico soggetto politico dell'Europa occidentale ad aver partecipato all'ultima conferenza dei partiti socialisti a Città del Messico ( Los Partidos y una Nueva Sociedad, promossa dal locale Partido del Trabajo) e vanta collaborazioni con soggetti politici siriani, bielorussi, turchi, serbi. L'assoluta originalità di ciò con cui sono venuto a contatto mi impone di partire dall'inizio, ovvero dal nome.
Tentori risponde, camicia dell'E.I. infilata nei pantaloni, in modo preciso e corsivo.
Stato e Potenza è il titolo di un'opera di Gennadij Zijuganov, membro fondatore e primo, nonché attuale, segretario del KPRF (Partito Comunista della Federazione Russa, NdR). Il titolo originale è Derzhava (Держава), termine russo traducibile, letteralmente, con 'statualità'. Statualità indica la capacità dei cittadini di un dato territorio di poterlo governare in modo determinante, quindi attraverso il potere decisionale sull'economia. Lontano quindi, molto lontano dal modello euroamericano attuale, che potremmo definire ultra-neoliberista. Modello che predica uno Stato ridotto ai minimi termini, in primo luogo in campo economico.
Gennadij Zijuganov, candidato alle presidenziali sia nel 2008 che nel 2012, risultò perdente rispettivamente contro Medvedev e Putin, piazzandosi al secondo posto in entrambe le consultazioni. La vulgata, qui incarnata nella diceria secondo cui il popolo russo avrebbe vissuto la fine del comunismo come una benedizione, riceve il primo colpo non da poco. Un colpo da secondo partito in un paese, per di più in crescita economica, di 143 milioni di abitanti.
La parola derzhava in realtà, in russo, indica anche un particolare araldico: è il nome del globo retto dall'artiglio destro dell'aquila bicipite, lo stemma presidenziale derivato direttamente da quello zarista.
Ivan III, all'epoca dell'agonia di Costantinopoli, introdusse l'uso dell'aquila bicipite come stemma imperiale tramite il matrimonio con una parente dell'ultimo basileus. L'idea di fondo, oltre al probabile fascino derivante dall'acquisizione di un simbolo tanto prestigioso, era quella di proporre l'Impero Russo come legittimo continuatore della Bisanzio ortodossa: Mosca terza Roma.
L'ideale cesaropapismo del non terribile Ivan era rappresentato dai due oggetti retti dall'aquila: uno scettro per il potere temporale, un globo crociato per il potere spirituale. Zijuganov e Tentori alludono anche a questo significato, preparando il secondo colpo alla vulgata.
Zijuganov fa coscientemente uso del termine per riferirsi al duplice aspetto di uno Stato: materia e spirito. Valorizza il legame del Partito Comunista della Federazione Russa con le tradizioni culturali, anche quelle religiose. A questo proposito, dà una grande importanza alla Chiesa Ortodossa che, dopo un periodo iniziale di furore anticlericale da parte dei quadri bolscevichi, ha vissuto in una latente sintonia con il governo sovietico a partire dagli anni '40. Inizialmente, Stalin recuperò la tradizionale identità culturale russa come collante per resistere all'invasione tedesca, accantonando quindi le visioni marxiste più integraliste che vogliono la religione essere il celebre 'oppio dei popoli'.
La spiritualità tradizionale russa ha contribuito, senza dubbio, alla vittoria nella Grande Guerra Patriottica (terminologia russa, prima sovietica, per indicare la II Guerra Mondiale, NdR).
La latente sintonia veniva dal fatto che entrambe le entità (governo sovietico e cristianità ortodossa) poggiavano su un terreno comune: la tradizionale tendenza russa al collettivismo.
Zijuganov, in quest'opera che non costituisce un contributo al marxismo-leninismo ma un saggio politico autonomo e, è importante specificarlo, legato all'ambiente culturale russo, allude ai diversi significati di derzhava per chiarire che anche il materialismo di matrice occidentale è un nemico. Un nemico che ha imperversato in Russia per tutti gli anni novanta, gli anni di Boris Eltsin.
Stato e Potenza incorpora anche una visione geopolitica ben precisa, che si lega, tra le altre cose, al neo-eurasiatismo russo e alle teorie di Mackinder e Spykman, ai concetti di heartland e rimland e alla derivata contrapposizione tra potenze di terra e potenze marittime (si ricordi, per analogia, il great game ottocentesco tra inglesi e russi).
Scoprire perciò che Derzhava fu anche il primo nome del panfilo imperiale dello Zar è stato sorprendente. Nicola II, a capo della più grande potenza di terra del mondo, resosi forse conto dell'assurdità implicita, vagamente malaugurante, nel navigare per il mondo con quel nome, lo cambiò poi in Dvina. Come il fiume che attraversava il suo regno. La disperata rettifica non riuscì comunque a salvargli la testa.
Tornando al collettivismo tradizionale russo, si può dire che l'innesto del comunismo, oggetto di fabbricazione europea, in un paese come la Cina ha beneficiato di un terreno analogo, forse addirittura molto più fecondo. A proposito di Cina:
Il socialismo del ventunesimo secolo è un socialismo di mercato, un sistema che trae ispirazione dalle riforme di Deng Xiaoping: industria pesante, energetica e strategica in mani statali; piccole e medie imprese in mani private, in un sistema non necessariamente chiuso agli investimenti stranieri, anzi. La borghesia nazionale può essere una risorsa utilissima allo sviluppo economico, al contrario di quella compradora, transnazionale, oligarchica. Lo stesso Zijuganov sostenne immediatamente l'esigenza di riforme analoghe negli ultimi anni dell'URSS, impantanata tra la stagnazione e la disastrosa perestroijka.
Passando al presente, non si possono evitare due domande, figlie una del discorso sviluppato sinora, l'altra del constatare la misera condizione del Paese in cui lo stiamo sviluppando.
"Uno. Cosa è la crisi. Due. Che ce ne frega in Italia di Zijuganov."
Abbiamo delegato a un'autorità virtuale, quella dei "mercati", la gestione dell'economia reale. Questo è sotto gli occhi di tutti. Stiamo però vivendo anche la ristrutturazione dell'apparato economico europeo secondo la linea statunitense, quella che prevede che il mondo sia diviso in comparti economici: ci stiamo trasformando in una mera economia complementare.
A dimostrazione di questo fatto, nonostante il sempre più evidente ridimensionamento geopolitico degli Stati Uniti, la loro economia è in crescita. I maggiori costi, in termini puramente economici ma anche di stato sociale, li sta pagando l'UE. Intanto, la deindustrializzazione italiana avanza: l'ILVA, Piombino, Terni...e insieme all'apparato industriale, è in via di svendita tutto il settore pubblico. Le aziende pubbliche italiane in passato sono incappate in un errore fatale: vedersi più come ente di beneficenza che come aziende competitive, in grado di produrre utili. Però, non va dimenticato che, già nelle prime fasi della dismissione, c'è stato un dolo.
Zijuganov interessa tutti noi europei proprio per la volontà, anzi la necessità, di schierarsi anche contro il materialismo di matrice occidentale. I valori della collettività erano comuni a tutta l'Europa, prima della cosiddetta globalizzazione, che preferisco chiamare "americanizzazione".
Da buon cronachista, devo riportare per inciso un terzo, più sottile colpo alla vulgata: Gennadij Zijuganov è credente, cristiano ortodosso praticante.
"Come se ne esce." - altra domanda da cui non si può sfuggire. Non approfondisco invece, forse sbagliando, la parola dolo.
L'Italia, nel già grave momento storico-economico di cui abbiamo parlato prima, è affetta da due ulteriori grandi problemi, di natura differente tra loro ma ugualmente paralizzanti: la scarsità di risorse energetiche sul territorio nazionale e l'innalzamento continuo dell'età media della popolazione.
"Ce n'è un terzo - continuo - l'immigrazione massiccia e incontrollata, quella che fornisce manodopera disperata a bassissimo costo, quella che non richiede, che non può richiedere garanzie salariali e sindacali."
In realtà, solo a posteriori mi sono ricordato di un quarto fattore italiano, molto più paralizzante.
Le mafie. Oppure, vista la percentuale di PIL creata dalla sola 'ndrangheta, è una questione di terreno conteso, di mutuo antagonismo più che di paralizzato e paralizzante. La paralisi è d'ordine più etico che economico. Lo stesso, solo a prima vista paradossale, principio per cui il falso invalido crea domanda interna.
In ogni caso, l'argomento è complesso e si rischia di dover scrivere un tema andando fuori tema.
Chiaro, l'immigrazione è un problema, ma anche questo problema ha radici nel rapporto col nostro vicino atlantico. Basti vedere come è stata gestita la situazione in Libia, o le vicende delle cosiddette 'primavere arabe' in nordafrica. Gli europei hanno agito in nordafrica, e recentemente anche in Africa centrale, da bracci armati di Washington. Un'Unione Europea realmente autonoma non avrebbe mai permesso la presenza di polveriere del genere ad un passo dai suoi confini meridionali, con tutto quel che comporta quella presenza.
Sudditanza che si rende evidente anche nell'atteggiamento verso il principale partner commerciale dell'Unione, ovvero la Russia, le cui sanzioni su spinta americana si ripercuotono pesantemente sull'economia, già molto provata, del subcontinente europeo.
La fascinazione filorussa di Stato & Potenza non sembra però potersi esaurire nella semplice volontà di costruire, o preservare, rapporti commerciali utili a risollevare il nostro Paese. La, a tratti, vera e propria idolatria per tutto ciò che è eurorientale porta ad approvare alcuni aspetti della contemporaneità post-sovietica ampiamente contestabili, uno su tutti la preservazione di ciò che si presenta come tradizionale tout court. Sul giornale online di SeP si trovano articoli che inneggiano alle politiche anti-gay putiniane in quanto tali, non perché siano strategicamente utili a contrastare l'influenza occidentale sul mondo. Non è raro vedere e sentire qualche esponente di SeP ergersi a difensore di una presunta morale eternamente valida, attualmente sotto attacco del relativismo occidentale, ritenuto responsabile della diffusione della prostituzione, della tossicodipendenza, come se le cattive abitudini fossero conseguenza della presenza di basi NATO sul territorio nazionale. È indubbio che la sottomissione militar-economica abbia un suo peso nella definizione dei valori sociali, ma a questo punto ci si potrebbe chiedere perché quel mestiere lo si chiami il più antico del mondo, o perché mai alcol e droghe varie attraversino tutta la storia dell'umanità da che si ha memoria scritta. La repressione, da qualcuno auspicata, per definizione reprime, non cancella.
Ancora non è raro che alcuni esponenti, in continuità con l'ormai storica nouvelle droite, rimpiangano l'Unione Sovietica non per ciò che ha rappresentato nella storia della conquista dei diritti sociali, ma per la sua funzione di baluardo, culturale e ancor più territoriale, contro l'avanzata del relativismo occidentale.
Citando Emanuele Severino, l'URSS fu, d'altronde, l'ultimo vero nuovo soggetto capace di pretendere un'episteme, in sostanziale discontinuità con la weltanshauung liberaldemocratica. Citando Popper, citato a sua volta dal padre del neo-eurasiatismo Alexandr Dugin, è scontro tra società chiusa e società aperta. Vero è che la singola opinione espressa da un membro può non essere interamente aderente alla visione di un partito, ma non è un caso che il nome di Dugin sia frequentemente presente tra le pagine online di SeP, così come non è un caso che lo sia Luc Michel, segretario del Partito Comunitario Nazional-Europeo, erede diretto di quel Thiriart fondatore della Jeune Europe.
SeP nella sua ancor breve storia ha organizzato manifestazioni in favore della Giamahiria libica, della Siria di Assad, della Palestina e, al tempo dell'intervista con Tentori, in supporto dell'autoproclamata Repubblica Popolare del Donbass e per l'integrità territoriale della Federazione Russa.
A questo proposito, Tentori riprende la parola.
Con queste iniziative ci vestiamo da patrioti, socialisti e identitari. L'Italia, nella nostra visione, deve avvicinarsi al Patto di Shanghai, ai BRICS, alla Federazione Russa, se vuole risollevarsi, se non vuole rassegnarsi alla decrescita forzosa, al ruolo di comprimario sulla scena mondiale e cortile di casa degli USA, occasionalmente futuro fornitore di manodopera a basso costo. Guardare non più ad ovest, ma ad est. Uscire dalla NATO e dall'Euro, per quanto questo percorso sarà arduo e lungo. Sovranità militare e sovranità monetaria. Destra e sinistra? Non siamo oltristi, non siamo per la terza posizione, semplicemente non ci interessano queste contrapposizioni. Nelle nostre iniziative, subiamo alternativamente l'ostilità degli antifa se siamo a Milano, dei fa se siamo a Roma. L'unico partito politico che finora ci ha ufficialmente appoggiati in alcune occasioni è stato il Partito dei Comunisti Italiani, con anche rischi di espulsione da parte di chi ha preso l'iniziativa.
Fui personalmente testimone di uno di questi eventi. Era una conferenza nella sede del PdCI di Terni, conclusasi con la minaccia di espulsione da parte della segreteria nazionale recapitata al segretario locale, colpevole di aver fraternizzato con individui fascisteggianti.
"Quindi vi candidate?"
Per ora, stiamo crescendo e facendoci conoscere. La fase successiva sarà cercare di creare una rete nazionale, di radicarci nel territorio. Sappiamo perfettamente che il nostro non potrebbe essere un partito di massa, per questo puntiamo a una struttura fatta di militanti, di persone disposte a dare sul piano personale. Noi non vogliamo le rivolte di piazza, siamo contro qualsiasi azione che rechi danno a cose o persone. Noi puntiamo a portare le idee davanti alle istituzioni.
Potremmo, poi, doverci preparare a costruire delle strutture territoriali in grado di sopperire alle mancanze, in termini di stato sociale, che si potrebbero verificare nei prossimi anni nel nostro Paese, un po' come Hezbollah in Libano.
Hezbollah che SeP ha incontrato personalmente qualche tempo fa, in forma diplomatica a Beirut.
Percepisco, nelle parole 'piano personale', una frecciata diretta proprio a me. Perché, per onestà intellettuale, devo dire di essere molto vicino alla grande maggioranza delle posizioni di SeP, tanto da aver più volte in passato promesso presenze a manifestazioni e conferenze. Presenze e appoggi che ho poi man mano ritirato, per aver colto dei lati oscuri inconciliabili con la mia persona, mia persona che come molto spesso succede soffre di solitudine ideologica.
Lati oscuri che non posso negare a chi legge e che si riassumono in un solo, ancorché fondamentale, concetto: la definizione di sé per via negativa.
Dietro la volontà di Tentori di negare, o superare, o ignorare la dicotomia destra-sinistra, che chi scrive constata già cadaverica, si nasconde un'altra dicotomia ambigua nei suoi due poli e dal carattere tanto estremamente fluttuante, quanto estremamente pericoloso: quella tra imperialismo e antimperialismo. L'opposizione all'imperialismo occidentale porta Stato & Potenza a giustificare qualsivoglia evento, soggetto, entità statale o ideologica, partito o movimento che svolga una funzione contraria all'interesse del capitalismo occidentale, con corredo culturale, nel mondo. Questo appoggio strategico, necessariamente cinico per un movimento che si propone con tale radicalità e intransigenza, porta ad apologie di Stati come la NordCorea, porta a bollare critiche del tutto legittime alla stato di diritto vigente in nazioni come l'Iran, la Cina e la Russia come propaganda mediatica filoamericana tesa a tener ben stretta la catena al collo del più debole alleato europeo. Questo, per opinione dello scrivente, è solo un aspetto, che viene alla luce nello strumentale tempismo sospetto con cui alcune questioni vengono martellate all'opinione pubblica, ma il problema del diritto umano e del diritto civile negato non può essere liquidato come menzogna propagandistica, pena la liquidazione del concetto stesso di diritto umano e diritto civile, per cui l'Europa, la nostra tanto amata e maltrattata Europa, ha versato per decenni se non secoli fiumi di inchiostro, sudore e sangue. L'antica quanto logorroica differenza tra forma e sostanza si prende un paio di righe ancora una volta.
Ulteriore perplessità che esprimo a Tentori è quella che riguarda la propaganda che, se non accompagnata dagli articoli sempre approfonditi con ammirevole scientificità e precisione di dati e fonti, sembra essere diretta esclusivamente alle ali più estreme della destra e della sinistra extraparlamentare nostrana. I manifesti di SeP che si possono trovare online creano, nel cittadino italiano medio, un sentimento di rigetto quasi immediato o, quando va bene, un senso di compartecipazione folklorica. Il dirigente con la camicia dell'esercito, ex Lotta Comunista, tronca il discorso invitando semplicemente l'interessato a informarsi sui contenuti, a non fermarsi al manifesto.
Ci salutiamo con una stretta di mano e qualche sorriso d'amicizia.
Nel tempo che è intercorso tra l'incontro e la pubblicazione, apprendo che la seconda fase è iniziata: Stato & Potenza ha cessato di esistere, trapassando in un soggetto politico di nome Socialismo Patriottico. Un soggetto che, stando al comunicato in dì 29/7/14, ha inglobato strutture locali preesistenti e punta a stabilire un rapporto più approfondito con il territorio.
I difetti di eccessiva astrazione del movimento che agglomerava ex militanti di Lotta Comunista e Fiamma Tricolore sembrano essere in corso di correzione. Il salto di qualità.
Resta da vedere quanto un partito del genere possa essere necessario, resta da vedere il prezzo che il mio Paese dovrà pagare nei prossimi anni.
Resta da sperare che il prezzo che l'Italia pagherà, che ogni italiano pagherà sulla propria pelle negli anni che ancora sembrano spettare alla catastrofe economica e politica della nostra parte di mondo sia abbastanza, sia abbastanza da rendere superfluo Stato & Potenza.
Resta da sperare che il lato oscuro, come già innumerevoli volte è accaduto nella storia del nostro Paese, della nostra civiltà, nel mondo intero, non assuma le fattezze proprie dell'inevitabilità storica.
Speranza. Integrità e speranza. Umanità e speranza.
Che viva la Patria, che viva il socialismo.
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