1) Alle autorità mondane
Invisibili ci dileguiamo nei vicoli, camaleonti nelle nostre tute urbane, vi abbandoniamo per le strade sedotti e delusi.
Quando va bene, stringete le manette intorno ai nostri polsi, calate il manganello sui nostri caschi, ci costringete in una stanza angusta tempestandoci di domande e accuse, offerte e minacce con neon bianchi e telecamere. Vi fregiate di titoli stampati su carta, garanti di un ordine ch'era e non è più, voi relitti ineleganti d'un epoca già naufragata. Annaspate, sommersi da acque incomprese, irriducibilmente convinti di nuotare sul pelo delle onde e financo d'essere voi i destinati a controllarne il flusso. Quale superba illusione, autorità mondane!
Degna per certo di sentimenti ammirevoli da parte nostra, (quando non di aperta commiserazione, s'intende) eppur sempre di miraggio si tratta per voi, voi ch'eravate, voi che di noi necessitate, vostro unico appiglio nel mezzo della deriva.
Vi illudete ancora d'essere, autorità mondane, quando credete di esercitare i resti impietosi delle vostre funzioni su di noi, nel momento in cui ci arrestate, condannate, perdonate, eppure mai in tutti i vostri sforzi avete nemmeno sfiorato l'eventualità di poterci - afferrare.
Le vostre manette cingono polsi alieni; le vostre interrogazioni non raggiungono le nostre orecchie assenti; quando vi scagliate contro le nostre fila, interrompete la corsa di un mero involucro, un corpo inanimato già di per sé - trapassato.
Solo nell'azione noi siamo. Solo nella distruzione è il nostro soffio vitale, nella devastazione acefala la nostra volontà. "Che cosa volete?" - ci domandate con miserevole insistenza, quando la vostra voce raggiunge per percorsi tortuosi il nostro dominio.
A voler ben vedere, confuse autorità mondane, noi non vogliamo. Noi non siamo volontà, noi siamo né più e né meno che conseguenza.
E quale migliore occasione che la nostra fatale venuta, vacui rappresentanti d'un ordine decrepito, per tentare di rinvigorire i vostri simboli, serrare la vostre redini, inquadrare i vostri ranghi?
Vediamo carezze che traboccano affetto nella vostra - così inattuale - repressione!
Ci attendevate con i cuori pieni di speranza, le vesti e le uniformi tirate a lucido, l'iridi umide e gli schermi accesi per il nostro violento, passionale, antico abbraccio. Ma quest'atto d'amore non è per noi esseri di carne pulsante, né per voi testimoni evanescenti di un'epoca dimenticata.
La salvezza non sarà il nostro dono per voi, autorità mondane.
Siamo e saremo, noi vostra disperata, temporanea ed effimera speranza, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
2) Al popolo
Ci accusi di crimini e delinquenze, punti il tuo dito ingiurioso contro di noi e come potremmo mai darti torto? Le nostre azioni riempiono il tuo estemporaneo orizzonte in modo limpido e cristallino tanto quanto una vetrina infranta. Imbrattiamo, divelliamo, frantumiamo e diamo alle fiamme con eclatante trasparenza, seppur sovente avvolti da una grigia nube fumogena.
Non ti ingannare popolo, il nostro incedere militaresco è niente più che un rituale, una forma esteriore di galanteria cara alle nostre spasimanti autorità mondane: l'incenso non è di certo per te.
Tu gradisci le colonne sonore, le farse pagliaccesche e i drappi colorati molto più di quanto i nostri spiriti siano disposti a sopportare: le marce allegre in cui ti diletti di quando in quando sono nient'altro che la celebrazione della tua mediocrità, così come quelle - ahinoi rare - in cui ti lasci andare al più rispettabile turpiloquio, niente di più che un'ammissione grottesca della tua impotente vigliaccheria. Quando riscoprirai, popolo, la capacità di poter - odiare?
Non sai davvero far altro che - indignarti?
Indignazione! Con questa parola ti ammanti di superiorità morale, velo mortuario a censura del tuo pensiero rozzo, pervertito dalla frustrazione, bisognoso di un'autoassoluzione sacrificale e sepolcrale. Indignazione! Popolo, possiamo ben dire che la tua rivolta è - rivoltante!
Noi leggiamo i tuoi pensieri inesprimibili, noi conosciamo i moti scandalosi che ogni notte turbano il tuo cuore nello strazio della veglia. Ti ascoltiamo ogni giorno, ogni qualvolta il timore della disapprovazione si affievolisce noi siamo presenti, pronti a captare le tue parole più vere.
Che spettacolo miserando è per noi vederti supplicare il vizio, solo per poter allentare il morso della tua scialba, ripugnante etica! Quante volte, popolo, quante volte siamo venuti a conoscenza dei tuoi più reconditi e proibiti desideri. Quante volte ti abbiamo sentito invocare la fine, quante maledizioni scagliate contro tutto ciò che noi - noi, popolo, non tu - odiamo veder vivere e adoriamo veder morire. Non tolleri il lusso, ma è ciò che il tuo cuore venera ad ogni nuovo sorgere del sole.
Ardi di desiderio, di invidia, scomunichi nella tua bassa moralità la sola prospettiva che qualcuno possa possedere più oggetti di altri. Reclami uguaglianza nella schiavitù, popolo meschino!
Hai pure istituito una festa per questo, celebri pubblicamente la falsa gioia delle tue catene!
Non riesci a concepirti se non contornato da - cose.
Non capisci, popolo stolto, che noi ti liberiamo?
Il tuo orizzonte è una parete di cristallo, che noi disintegriamo. La tua meta è lì, ciò che il tuo cuore arso di gelo agogna è a portata della tua mano tremante, grazie a noi.
Eppure, come non riesci ad amare il tuo fittizio orizzonte, non ami chi quella linea la traccia come dono transeunte, prima di attraversarla. Non ami il black bloc, popolo, nonostante sia l'unico tuo sincero amante, nonostante sia l'unico che conosce il tuo arido cuore.
Non ci ami, ma nemmeno sei capace di odiarci.
Lo vorresti con tutto te stesso, come sacerdote che punisce il sacrilego, eppure dalle tue labbra stanche non escono che parole di - rimprovero!
Quando riscoprirai, popolo, la capacità di poter - odiare?
E quando ritroverai, popolo, la facoltà di poter - amare?
Ci rimproveri, con coraggio tremebondo, di voler spazzare via la tua città. E ammira ora la tua città! Questo ammiri con tanto affetto? Questo luogo tormentoso, radice dei mali della tua anima, da cui vuoi partire non appena si presenta un caritatevole spiraglio, magari moderatamente sostenibile per le tue tasche? Quale curiosa forma di matrimonio, quella che vede i coniugi sopravvivere nella mutua speranza di potersi separare a intervalli regolari!
Noi rompiamo la tua opprimente, perversamente consolatrice monotonia. Vetrina anch'essa, mezzo di legami tenebrosi e lunari, noi frantumiamo le tue fragili ambizioni di cristallo e con esse le tue catene. Ma che saresti tu senza catene, libero più delle tue parole, più dei tuoi possedimenti, dei tuoi obiettivi, delle tue dipendenze?
La libertà che ti doniamo, popolo, è perla collaterale, gettata a chi per primo noi disprezziamo.
Siamo giovani uomini nel mezzo di infanti e vecchi. Siamo e saremo, distinti dal tuo acerbo intelletto e dalla tua infermità corporale.
Siamo e saremo, noi vostra irraggiungibile fonte di nuova primavera, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
3) Alle autorità ultramondane
Quanto legittimo è stato abbattervi, autorità ultramondane! Quale grande passo per l'umanità tutta!
Eppure, da che la vostra immagine è svanita, da che le vostre spoglie sono state - meritatamente - dissacrate, il popolo vostro poppante e le autorità mondane vostre pallide emule cercano invano di trovare rimedio alla vostra dipartita.
Orfani disorientati, non hanno mai desiderato che sostituirvi con immagini nuove, illudendosi di volervi realmente cancellare dalle loro bussole. Ecco che li potrete vedere, autorità ultramondane, riesumare i vostri resti, riempire i contorni che furono con quanto di più effimero, vacuo e innocuo le loro nostalgiche anime riescano a partorire.
E quale spettacolo immondo è vederli rendere omaggio ai loro squallidi feticci!
Vi hanno ucciso in un raptus rabbioso e incosciente, un atto per cui tuttora provano segreta e penosa vergogna. La loro colpa non fu quella di avervi ripudiato e ucciso, autorità ultramondane, e questo noi come voi lo sappiamo bene. Si rivoltarono contro la loro stessa azione, incapaci di giustificarla con gioia paradisiaca si condannarono all'inferno dell'eterno rimorso.
Tradirono voi e loro stessi, nascondendo con pudore peccaminoso la mano che vi rovesciò.
Noi siamo figli di quel tradimento: noi siamo figli del tradimento dell'Uomo verso l'Uomo.
Bene fareste, autorità ultramondane, a riconoscere in noi le fattezze degli araldi della fine, di cui tanto hanno narrato i vostri profeti. Appellativi che ci lusingano senza tentennamenti, ma non saremo certo noi a riportarvi alla vita, non sarà di certo volontà nostra se mai riuscirete a sedervi sul vostro antico scranno ancora una volta. Voi avete tradito l'Uomo ben prima che l'Uomo si tradisse da sé. Quale basso insegnamento, autorità ultramondane!
Non saremo noi a ricostruire i vostri palazzi, restaurare la vostra immagine o ricomporre le vostre tavole: dalle vampe della nostra purificazione non nascerà il vostro riscatto.
Siete ancora, idoli compiaciuti persino degli inchini ai vostri feticci odierni, vivete ancora combattendo per riconquistare la vostra piena immagine.
Noi siamo e saremo nient'altro che gli esecutori ultimi di una sentenza già emanata.
Siamo e saremo, noi avanguardia di una libera santità, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
24F
Invisibili ci dileguiamo nei vicoli, camaleonti nelle nostre tute urbane, vi abbandoniamo per le strade sedotti e delusi.
Quando va bene, stringete le manette intorno ai nostri polsi, calate il manganello sui nostri caschi, ci costringete in una stanza angusta tempestandoci di domande e accuse, offerte e minacce con neon bianchi e telecamere. Vi fregiate di titoli stampati su carta, garanti di un ordine ch'era e non è più, voi relitti ineleganti d'un epoca già naufragata. Annaspate, sommersi da acque incomprese, irriducibilmente convinti di nuotare sul pelo delle onde e financo d'essere voi i destinati a controllarne il flusso. Quale superba illusione, autorità mondane!
Degna per certo di sentimenti ammirevoli da parte nostra, (quando non di aperta commiserazione, s'intende) eppur sempre di miraggio si tratta per voi, voi ch'eravate, voi che di noi necessitate, vostro unico appiglio nel mezzo della deriva.
Vi illudete ancora d'essere, autorità mondane, quando credete di esercitare i resti impietosi delle vostre funzioni su di noi, nel momento in cui ci arrestate, condannate, perdonate, eppure mai in tutti i vostri sforzi avete nemmeno sfiorato l'eventualità di poterci - afferrare.
Le vostre manette cingono polsi alieni; le vostre interrogazioni non raggiungono le nostre orecchie assenti; quando vi scagliate contro le nostre fila, interrompete la corsa di un mero involucro, un corpo inanimato già di per sé - trapassato.
Solo nell'azione noi siamo. Solo nella distruzione è il nostro soffio vitale, nella devastazione acefala la nostra volontà. "Che cosa volete?" - ci domandate con miserevole insistenza, quando la vostra voce raggiunge per percorsi tortuosi il nostro dominio.
A voler ben vedere, confuse autorità mondane, noi non vogliamo. Noi non siamo volontà, noi siamo né più e né meno che conseguenza.
E quale migliore occasione che la nostra fatale venuta, vacui rappresentanti d'un ordine decrepito, per tentare di rinvigorire i vostri simboli, serrare la vostre redini, inquadrare i vostri ranghi?
Vediamo carezze che traboccano affetto nella vostra - così inattuale - repressione!
Ci attendevate con i cuori pieni di speranza, le vesti e le uniformi tirate a lucido, l'iridi umide e gli schermi accesi per il nostro violento, passionale, antico abbraccio. Ma quest'atto d'amore non è per noi esseri di carne pulsante, né per voi testimoni evanescenti di un'epoca dimenticata.
La salvezza non sarà il nostro dono per voi, autorità mondane.
Siamo e saremo, noi vostra disperata, temporanea ed effimera speranza, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
2) Al popolo
Ci accusi di crimini e delinquenze, punti il tuo dito ingiurioso contro di noi e come potremmo mai darti torto? Le nostre azioni riempiono il tuo estemporaneo orizzonte in modo limpido e cristallino tanto quanto una vetrina infranta. Imbrattiamo, divelliamo, frantumiamo e diamo alle fiamme con eclatante trasparenza, seppur sovente avvolti da una grigia nube fumogena.
Non ti ingannare popolo, il nostro incedere militaresco è niente più che un rituale, una forma esteriore di galanteria cara alle nostre spasimanti autorità mondane: l'incenso non è di certo per te.
Tu gradisci le colonne sonore, le farse pagliaccesche e i drappi colorati molto più di quanto i nostri spiriti siano disposti a sopportare: le marce allegre in cui ti diletti di quando in quando sono nient'altro che la celebrazione della tua mediocrità, così come quelle - ahinoi rare - in cui ti lasci andare al più rispettabile turpiloquio, niente di più che un'ammissione grottesca della tua impotente vigliaccheria. Quando riscoprirai, popolo, la capacità di poter - odiare?
Non sai davvero far altro che - indignarti?
Indignazione! Con questa parola ti ammanti di superiorità morale, velo mortuario a censura del tuo pensiero rozzo, pervertito dalla frustrazione, bisognoso di un'autoassoluzione sacrificale e sepolcrale. Indignazione! Popolo, possiamo ben dire che la tua rivolta è - rivoltante!
Noi leggiamo i tuoi pensieri inesprimibili, noi conosciamo i moti scandalosi che ogni notte turbano il tuo cuore nello strazio della veglia. Ti ascoltiamo ogni giorno, ogni qualvolta il timore della disapprovazione si affievolisce noi siamo presenti, pronti a captare le tue parole più vere.
Che spettacolo miserando è per noi vederti supplicare il vizio, solo per poter allentare il morso della tua scialba, ripugnante etica! Quante volte, popolo, quante volte siamo venuti a conoscenza dei tuoi più reconditi e proibiti desideri. Quante volte ti abbiamo sentito invocare la fine, quante maledizioni scagliate contro tutto ciò che noi - noi, popolo, non tu - odiamo veder vivere e adoriamo veder morire. Non tolleri il lusso, ma è ciò che il tuo cuore venera ad ogni nuovo sorgere del sole.
Ardi di desiderio, di invidia, scomunichi nella tua bassa moralità la sola prospettiva che qualcuno possa possedere più oggetti di altri. Reclami uguaglianza nella schiavitù, popolo meschino!
Hai pure istituito una festa per questo, celebri pubblicamente la falsa gioia delle tue catene!
Non riesci a concepirti se non contornato da - cose.
Non capisci, popolo stolto, che noi ti liberiamo?
Il tuo orizzonte è una parete di cristallo, che noi disintegriamo. La tua meta è lì, ciò che il tuo cuore arso di gelo agogna è a portata della tua mano tremante, grazie a noi.
Eppure, come non riesci ad amare il tuo fittizio orizzonte, non ami chi quella linea la traccia come dono transeunte, prima di attraversarla. Non ami il black bloc, popolo, nonostante sia l'unico tuo sincero amante, nonostante sia l'unico che conosce il tuo arido cuore.
Non ci ami, ma nemmeno sei capace di odiarci.
Lo vorresti con tutto te stesso, come sacerdote che punisce il sacrilego, eppure dalle tue labbra stanche non escono che parole di - rimprovero!
Quando riscoprirai, popolo, la capacità di poter - odiare?
E quando ritroverai, popolo, la facoltà di poter - amare?
Ci rimproveri, con coraggio tremebondo, di voler spazzare via la tua città. E ammira ora la tua città! Questo ammiri con tanto affetto? Questo luogo tormentoso, radice dei mali della tua anima, da cui vuoi partire non appena si presenta un caritatevole spiraglio, magari moderatamente sostenibile per le tue tasche? Quale curiosa forma di matrimonio, quella che vede i coniugi sopravvivere nella mutua speranza di potersi separare a intervalli regolari!
Noi rompiamo la tua opprimente, perversamente consolatrice monotonia. Vetrina anch'essa, mezzo di legami tenebrosi e lunari, noi frantumiamo le tue fragili ambizioni di cristallo e con esse le tue catene. Ma che saresti tu senza catene, libero più delle tue parole, più dei tuoi possedimenti, dei tuoi obiettivi, delle tue dipendenze?
La libertà che ti doniamo, popolo, è perla collaterale, gettata a chi per primo noi disprezziamo.
Siamo giovani uomini nel mezzo di infanti e vecchi. Siamo e saremo, distinti dal tuo acerbo intelletto e dalla tua infermità corporale.
Siamo e saremo, noi vostra irraggiungibile fonte di nuova primavera, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
3) Alle autorità ultramondane
Quanto legittimo è stato abbattervi, autorità ultramondane! Quale grande passo per l'umanità tutta!
Eppure, da che la vostra immagine è svanita, da che le vostre spoglie sono state - meritatamente - dissacrate, il popolo vostro poppante e le autorità mondane vostre pallide emule cercano invano di trovare rimedio alla vostra dipartita.
Orfani disorientati, non hanno mai desiderato che sostituirvi con immagini nuove, illudendosi di volervi realmente cancellare dalle loro bussole. Ecco che li potrete vedere, autorità ultramondane, riesumare i vostri resti, riempire i contorni che furono con quanto di più effimero, vacuo e innocuo le loro nostalgiche anime riescano a partorire.
E quale spettacolo immondo è vederli rendere omaggio ai loro squallidi feticci!
Vi hanno ucciso in un raptus rabbioso e incosciente, un atto per cui tuttora provano segreta e penosa vergogna. La loro colpa non fu quella di avervi ripudiato e ucciso, autorità ultramondane, e questo noi come voi lo sappiamo bene. Si rivoltarono contro la loro stessa azione, incapaci di giustificarla con gioia paradisiaca si condannarono all'inferno dell'eterno rimorso.
Tradirono voi e loro stessi, nascondendo con pudore peccaminoso la mano che vi rovesciò.
Noi siamo figli di quel tradimento: noi siamo figli del tradimento dell'Uomo verso l'Uomo.
Bene fareste, autorità ultramondane, a riconoscere in noi le fattezze degli araldi della fine, di cui tanto hanno narrato i vostri profeti. Appellativi che ci lusingano senza tentennamenti, ma non saremo certo noi a riportarvi alla vita, non sarà di certo volontà nostra se mai riuscirete a sedervi sul vostro antico scranno ancora una volta. Voi avete tradito l'Uomo ben prima che l'Uomo si tradisse da sé. Quale basso insegnamento, autorità ultramondane!
Non saremo noi a ricostruire i vostri palazzi, restaurare la vostra immagine o ricomporre le vostre tavole: dalle vampe della nostra purificazione non nascerà il vostro riscatto.
Siete ancora, idoli compiaciuti persino degli inchini ai vostri feticci odierni, vivete ancora combattendo per riconquistare la vostra piena immagine.
Noi siamo e saremo nient'altro che gli esecutori ultimi di una sentenza già emanata.
Siamo e saremo, noi avanguardia di una libera santità, siamo e saremo finché il destino nostro non sarà rivelato e compiuto.
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