Regista/Pancia 1 (disciplina)
"Ok, telecamera? audio? ottimo, ottimo. Vai Carlo, mi raccomando, illustra in modo chiaro e non dispersivo il problema. Ricorda, non fare come col calcio femminile, che dopo finisci di nuovo sul Corriere. L'abbiamo capito che volevi difendere le prestazioni agonistiche delle calciatrici, ma non mi puoi dire che prima pensavamo che le donne erano più handicappate rispetto agli uomini, poi la scienza c'ha detto che non è vero. A parte che vorrei vederlo il risultato di una partita calciatori contro calciatrici. E se vuoi parlare dell'immagine, di un restyling generale della Lega Calcio, tieni a mente che l'ultima volta che c'hai provato potevi ritrovarti le femen sotto casa, magari insieme alle Pussy Riot. Che poi per carità, hardcore punk e tette al vento possono pure piacere ma santo dio non dovevi dire che al calcio femminile servirebbe un ritocco estetico.
Che poi la giornalista del Corriere, che gambe che c'aveva sul quel divanetto ragazzi, và a pensare che vuoi mettere solo le modelle a fare i mondiali, magari in divisa inguinale da pallavoliste, che se no non li guarda nessuno. Te la ricordi quella? Che continuava a incrociare le gambe tipo Sharon Stone in Basic instinct? Dai che te l'ho scelta bene la location quella volta lì. Dove lo trovi uno che ti piazza una veranda al sole e due divanetti pastello languido, eh? Mi sarei confuso anch'io con quelle cosce nude davanti agli occhi. Ti pare? Mica si può sempre pensare al calcio.
Luci? Perfetto. Vai Carlo, t'ho messo come sfondo un bel blu profondo mare. Il palco è perfetto: tutto in ombra tranne il leggio, come piace a noi. Non ti agitare e non gesticolare troppo, che se ti fai capire a parole non serve. Ho capito che sei italiano quindi devi rafforzare quel che dici con smorfie e gesti, ma contieniti: non occorre fare la danza katakali.
Ripassiamo. Devi far capire bene che nel campionato italiano ci sono troppi stranieri. Ma mica devi dirlo così, che poi ti danno del reazionario. Che poi tutti vogliono mandare su Albertini senza sapere neanche che cazzo vuol fare Albertini. Tu c'hai settant'anni: alla stampa stai già sui coglioni. Anche se in Brasile tu non c'eri e lui invece sì.
Occhio a quel che dici, che anche se parli mezz'ora del tuo programma e trenta secondi dei negri, alla gente non gliene frega un cazzo dei programmi e i giornali devono vendere. Andrea Scanzi in televisione deve pur dire qualcosa, Jacobelli non può insultare solo Blatter perché non c'è ancora la moviola in campo. Che poi, te lo immagini il processo di Biscardi al 30esimo minuto di Juve-Real? Cinque arbitri con cinque lingue diverse che devono decidere il colore di un cartellino? Che guardano e riguardano e tu sei lì che ti chiedi perché, perché non può essere semplicemente un gioco, perché i campionati li vincono sempre le solite quattro squadre, perché devono esistere le filiali, perché le squadre b, perché gli sponsor, perché i prestiti e i diritti di riscatto, perché i procuratori.
Perché gli Zamparini, i Preziosi, perché il presidente del Milan ha governato l'Italia per un decennio e il capo della Confindustria s'è comprato lo stadio della Reggiana (grazie Reagan bombardaci Parma, cit.) per farci giocare il Sassuolo. Perché Andrea Agnelli che si fa l'ice bucket. Perché certi calciatori fanno gli opinion leader in un paese dove il calcio è la terza industria nazionale.
Perché una squadra non può più vincere niente di importante se non c'è uno sceicco petroliere, o un oligarca di qualche stato postsovietico a comandarla. Perché esistono ancora gli sceicchi e sono anche tutti cugini. Perché c'hanno un gusto estetico che è peggio di quello degli americani, e per di più lo soddisfano affamando migliaia di operai del Bangladesh. Perché il Brescia va sempre in B.
Perché in Germania sono tutti succubi del Bayern Monaco e nell'est non taroccano più le classifiche. Perché Di Canio non saluta più la curva. Perché l'Udinese.
Costretto in casa la sera da una vita di sconfitta e rassegnazione, uno vuol solo vedere rotolare un pallone, a uno piace vedere la propria TV diventare tutta verde, verde speranza, una sera alla settimana. Una volta era una sera alla settimana. Sperando che non sia in sintetico.
Ma torniamo a stasera, Carlo.
Dì semplicemente quel che vedono tutti, cioè che le nostre squadre son quasi dieci anni che se ne fottono delle giovanili per comprare container di adolescenti africani, sudamericani o slavi a prezzi modici. Ne compri mille al prezzo di uno, sicuro che un giocatore decente alla fine lo tiri fuori. Ah, e occhio che la UEFA ce l'ha a morte con i razzisti, soprattutto con quelli che insultano i napoletani. Che Sky, con tutti i soldi che c'ha dato per metterci i microfoni pure negli spogliatoi, dopo si incazza se sente i giocatori smadonnare. E il labiale, perdio. Mettetevi la mano davanti alla bocca no? Non lo sapete che c'è la premium cam?
Vai Carlo, chiaro, deciso e conciso. Nordico. Freddo. Autorevole. E non menarla ancora con l'assassino di Kennedy."
Tavecchio/Pancia 2 (spontaneismi)
Le questioni dell'accoglienza sono un conto, quelle del gioco sono un altro! L'Inghilterra individua dei soggetti che entrano se hanno professionalità... per farli giocare.
Noi invece diciamo che... che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane... e adesso gioca titolare (pausa) ...nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra deve prima dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree. [00.28]
Spirito e Trionfo
E allora mi vien da pensare che tutto non sia altro che una grande farsa, una burla di proporzioni mediterranee, che il velo di Maya sia semplicemente un telo colorato, che dà l'illusione della tridimensionalità, che funge da fondale a questa pantagruelica pantomima di massa zeppa di personaggi caricaturali dai tratti inverosimili ed esasperati.
Barzellettieri e supercazzolari, nani e ballerine reduci dal teatrino della politica, maschere grottesche da commedia dell'arte o da teatro kyogen, mi immagino Carlo Tavecchio, capocomico eroe del popolo, manifestare la propria superiorità dialettica in dichiarazioni centellinate quanto le sue apparizioni mediatiche.
Mi immagino orde di immigrati pronti a imbarcarsi su bagnarole sudice e pericolanti per rincorrere il grande, primigenio sogno di giocare titolari in Serie A. Ho visto Optì, con il cuore colmo di speranza e lo stomaco pieno di banane, attraversare assolati deserti, grovigli di foreste e mari tortuosi, spinto da quel poster appeso nella sua capanna d'infanzia, quello che ritraeva la formazione della S.S. Lazio che vinse lo scudetto nel 2000.
Marchegiani Nesta Mihajlovic Veron Stankovic Nedved Simeone Inzaghi Mancini. Pobà. Un giorno, Pobà. Un giorno, nell'undici di partenza, fantasista dietro le punte per essere osannati ad ogni giocata dalla curva più a destra d'Italia, quella con le croci celtiche sugli striscioni. SS, qualcuno dice, non vuol dire società sportiva.
Africano cuore nero
Braccio teso braccio teso
Optì Pobà
Camerata vero
Lo sento, memore empatico del travaglio, così simile al suo, che la società laziale dovette sobbarcarsi per puntare a quel traguardo che sembrava proibito anche solo ambire, lo sento da Roma, dallo Stadio Olimpico di Roma, scimitarra in alto pallone sanguinante infilzato nike, annunciare all'Africa tutta il proprio trionfo:
"Amici miei! Fratelli. Come voi, io vengo dall'equatore. Il mio sguardo arso dalla calura, vitree cornee ocra come granelli di Sahara, incrociò una notte un militare. Frontex era il suo nome, occasionale soccorritore di disperati ebano, allorché la mia gola ustionata dal sale mediterraneo affidò al gendarme pallido il mio arrogante pensiero.
'Ti ringrazio per avermi condotto al più vicino lembo della tua terra - gli dissi - così come porgo al tuo popolo i miei più intimi pregi per avermi accolto nel suo fertile seno. Un destino più grande però m'attende, o eburneo mimetico.
Caput Mundi, marinaio, Caput Mundi.
Dove rapite folle entusiaste faranno risuonare il mio nome negro, nero come il peggior carbone, nero come la più temibile notte, ai quattro angoli dell'Europa continentale."
Optì Pobà l'indomabile, negus neghesti di Abissinia, Eritrea e Somalia, raìs a furor di nazioni di Tripolitania, di Cirenaica, di tutti i territori toccati dal suo finissimo piede sinistro, futuro incantatore di uomini e palloni di cuoio. Optì Pobà 10 sulla schiena, CVM LAVDE inciso nell'acciaio della lama e basco della X MAS calato sul capo oblungo.
"Quest'anno, finalmente, giocherò titolare nella Lazio."
Capitano. Anzi, comandante. Per la grazia di Dio.
E li vedo ancora, tra Tripoli e Lampedusa, cercare con lo sguardo le sponde d'Italia bagnate dal mare bianco e celeste, magari una nuvola a forma Cirio sopra le loro teste, tutto per emulare quell'Optì Pobà di cui, giù nel subsahara, tanto si è raccontato e tanto ancora si racconterà.
"Ok, telecamera? audio? ottimo, ottimo. Vai Carlo, mi raccomando, illustra in modo chiaro e non dispersivo il problema. Ricorda, non fare come col calcio femminile, che dopo finisci di nuovo sul Corriere. L'abbiamo capito che volevi difendere le prestazioni agonistiche delle calciatrici, ma non mi puoi dire che prima pensavamo che le donne erano più handicappate rispetto agli uomini, poi la scienza c'ha detto che non è vero. A parte che vorrei vederlo il risultato di una partita calciatori contro calciatrici. E se vuoi parlare dell'immagine, di un restyling generale della Lega Calcio, tieni a mente che l'ultima volta che c'hai provato potevi ritrovarti le femen sotto casa, magari insieme alle Pussy Riot. Che poi per carità, hardcore punk e tette al vento possono pure piacere ma santo dio non dovevi dire che al calcio femminile servirebbe un ritocco estetico.
Che poi la giornalista del Corriere, che gambe che c'aveva sul quel divanetto ragazzi, và a pensare che vuoi mettere solo le modelle a fare i mondiali, magari in divisa inguinale da pallavoliste, che se no non li guarda nessuno. Te la ricordi quella? Che continuava a incrociare le gambe tipo Sharon Stone in Basic instinct? Dai che te l'ho scelta bene la location quella volta lì. Dove lo trovi uno che ti piazza una veranda al sole e due divanetti pastello languido, eh? Mi sarei confuso anch'io con quelle cosce nude davanti agli occhi. Ti pare? Mica si può sempre pensare al calcio.
Luci? Perfetto. Vai Carlo, t'ho messo come sfondo un bel blu profondo mare. Il palco è perfetto: tutto in ombra tranne il leggio, come piace a noi. Non ti agitare e non gesticolare troppo, che se ti fai capire a parole non serve. Ho capito che sei italiano quindi devi rafforzare quel che dici con smorfie e gesti, ma contieniti: non occorre fare la danza katakali.
Ripassiamo. Devi far capire bene che nel campionato italiano ci sono troppi stranieri. Ma mica devi dirlo così, che poi ti danno del reazionario. Che poi tutti vogliono mandare su Albertini senza sapere neanche che cazzo vuol fare Albertini. Tu c'hai settant'anni: alla stampa stai già sui coglioni. Anche se in Brasile tu non c'eri e lui invece sì.
Occhio a quel che dici, che anche se parli mezz'ora del tuo programma e trenta secondi dei negri, alla gente non gliene frega un cazzo dei programmi e i giornali devono vendere. Andrea Scanzi in televisione deve pur dire qualcosa, Jacobelli non può insultare solo Blatter perché non c'è ancora la moviola in campo. Che poi, te lo immagini il processo di Biscardi al 30esimo minuto di Juve-Real? Cinque arbitri con cinque lingue diverse che devono decidere il colore di un cartellino? Che guardano e riguardano e tu sei lì che ti chiedi perché, perché non può essere semplicemente un gioco, perché i campionati li vincono sempre le solite quattro squadre, perché devono esistere le filiali, perché le squadre b, perché gli sponsor, perché i prestiti e i diritti di riscatto, perché i procuratori.
Perché gli Zamparini, i Preziosi, perché il presidente del Milan ha governato l'Italia per un decennio e il capo della Confindustria s'è comprato lo stadio della Reggiana (grazie Reagan bombardaci Parma, cit.) per farci giocare il Sassuolo. Perché Andrea Agnelli che si fa l'ice bucket. Perché certi calciatori fanno gli opinion leader in un paese dove il calcio è la terza industria nazionale.
Perché una squadra non può più vincere niente di importante se non c'è uno sceicco petroliere, o un oligarca di qualche stato postsovietico a comandarla. Perché esistono ancora gli sceicchi e sono anche tutti cugini. Perché c'hanno un gusto estetico che è peggio di quello degli americani, e per di più lo soddisfano affamando migliaia di operai del Bangladesh. Perché il Brescia va sempre in B.
Perché in Germania sono tutti succubi del Bayern Monaco e nell'est non taroccano più le classifiche. Perché Di Canio non saluta più la curva. Perché l'Udinese.
Costretto in casa la sera da una vita di sconfitta e rassegnazione, uno vuol solo vedere rotolare un pallone, a uno piace vedere la propria TV diventare tutta verde, verde speranza, una sera alla settimana. Una volta era una sera alla settimana. Sperando che non sia in sintetico.
Ma torniamo a stasera, Carlo.
Dì semplicemente quel che vedono tutti, cioè che le nostre squadre son quasi dieci anni che se ne fottono delle giovanili per comprare container di adolescenti africani, sudamericani o slavi a prezzi modici. Ne compri mille al prezzo di uno, sicuro che un giocatore decente alla fine lo tiri fuori. Ah, e occhio che la UEFA ce l'ha a morte con i razzisti, soprattutto con quelli che insultano i napoletani. Che Sky, con tutti i soldi che c'ha dato per metterci i microfoni pure negli spogliatoi, dopo si incazza se sente i giocatori smadonnare. E il labiale, perdio. Mettetevi la mano davanti alla bocca no? Non lo sapete che c'è la premium cam?
Vai Carlo, chiaro, deciso e conciso. Nordico. Freddo. Autorevole. E non menarla ancora con l'assassino di Kennedy."
Tavecchio/Pancia 2 (spontaneismi)
Le questioni dell'accoglienza sono un conto, quelle del gioco sono un altro! L'Inghilterra individua dei soggetti che entrano se hanno professionalità... per farli giocare.
Noi invece diciamo che... che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane... e adesso gioca titolare (pausa) ...nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra deve prima dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree. [00.28]
Spirito e Trionfo
E allora mi vien da pensare che tutto non sia altro che una grande farsa, una burla di proporzioni mediterranee, che il velo di Maya sia semplicemente un telo colorato, che dà l'illusione della tridimensionalità, che funge da fondale a questa pantagruelica pantomima di massa zeppa di personaggi caricaturali dai tratti inverosimili ed esasperati.
Barzellettieri e supercazzolari, nani e ballerine reduci dal teatrino della politica, maschere grottesche da commedia dell'arte o da teatro kyogen, mi immagino Carlo Tavecchio, capocomico eroe del popolo, manifestare la propria superiorità dialettica in dichiarazioni centellinate quanto le sue apparizioni mediatiche.
Mi immagino orde di immigrati pronti a imbarcarsi su bagnarole sudice e pericolanti per rincorrere il grande, primigenio sogno di giocare titolari in Serie A. Ho visto Optì, con il cuore colmo di speranza e lo stomaco pieno di banane, attraversare assolati deserti, grovigli di foreste e mari tortuosi, spinto da quel poster appeso nella sua capanna d'infanzia, quello che ritraeva la formazione della S.S. Lazio che vinse lo scudetto nel 2000.
Marchegiani Nesta Mihajlovic Veron Stankovic Nedved Simeone Inzaghi Mancini. Pobà. Un giorno, Pobà. Un giorno, nell'undici di partenza, fantasista dietro le punte per essere osannati ad ogni giocata dalla curva più a destra d'Italia, quella con le croci celtiche sugli striscioni. SS, qualcuno dice, non vuol dire società sportiva.
Africano cuore nero
Braccio teso braccio teso
Optì Pobà
Camerata vero
Lo sento, memore empatico del travaglio, così simile al suo, che la società laziale dovette sobbarcarsi per puntare a quel traguardo che sembrava proibito anche solo ambire, lo sento da Roma, dallo Stadio Olimpico di Roma, scimitarra in alto pallone sanguinante infilzato nike, annunciare all'Africa tutta il proprio trionfo:
"Amici miei! Fratelli. Come voi, io vengo dall'equatore. Il mio sguardo arso dalla calura, vitree cornee ocra come granelli di Sahara, incrociò una notte un militare. Frontex era il suo nome, occasionale soccorritore di disperati ebano, allorché la mia gola ustionata dal sale mediterraneo affidò al gendarme pallido il mio arrogante pensiero.
'Ti ringrazio per avermi condotto al più vicino lembo della tua terra - gli dissi - così come porgo al tuo popolo i miei più intimi pregi per avermi accolto nel suo fertile seno. Un destino più grande però m'attende, o eburneo mimetico.
Caput Mundi, marinaio, Caput Mundi.
Dove rapite folle entusiaste faranno risuonare il mio nome negro, nero come il peggior carbone, nero come la più temibile notte, ai quattro angoli dell'Europa continentale."
Optì Pobà l'indomabile, negus neghesti di Abissinia, Eritrea e Somalia, raìs a furor di nazioni di Tripolitania, di Cirenaica, di tutti i territori toccati dal suo finissimo piede sinistro, futuro incantatore di uomini e palloni di cuoio. Optì Pobà 10 sulla schiena, CVM LAVDE inciso nell'acciaio della lama e basco della X MAS calato sul capo oblungo.
"Quest'anno, finalmente, giocherò titolare nella Lazio."
Capitano. Anzi, comandante. Per la grazia di Dio.
E li vedo ancora, tra Tripoli e Lampedusa, cercare con lo sguardo le sponde d'Italia bagnate dal mare bianco e celeste, magari una nuvola a forma Cirio sopra le loro teste, tutto per emulare quell'Optì Pobà di cui, giù nel subsahara, tanto si è raccontato e tanto ancora si racconterà.