Coprisedili verde acqua, un pullman che percorre una strada di cui ignoro sia l'inizio che la fine, Gao Xing dalla Cina seduto alla sinistra del mio avatar che parla inglese. Gao Xing è nato a Wujiang, ex cittadina tradizionalmente detta la terra del pesce e del riso, da qualche anno declassata a quartiere di Suzhou, quattro milioni di abitanti in tutto di cui uno e mezzo residente nella sola Wujiang, promossa per motivi intuibili capitale della fibra ottica. Riso per millenni, il dragone rossostellato necessita ormai di variare la propria alimentazione, pur senza rinunciare alle virtù diuretiche di certi cereali più o meno ottici.
Gao Xing del '63, poeta girafestival internazionali e studioso di letteratura rumena, conversa con il mio anonimo avatar che chiameremo I(*), reduci entrambi da un evento pubblico di cui ignoro ulteriori dettagli.
La prima domanda fa da coda a un discorso pronunciato in precedenza, forse su un palco, forse no.
I: La libertà di scrittura in Cina. Dicevi che ora siete molto più liberi di scrivere quel che volete rispetto a prima, giusto?
GX: Sì, il nostro Paese è passato attraverso la rivoluzione culturale, dove ogni libertà d'espressione era negata. La situazione di oggi è molto molto migliore: possiamo esprimerci come vogliamo e in molti mezzi. Possiamo pubblicare le nostre poesie su riviste, possiamo organizzare premi e festival.
Il governo ha capito il ruolo della letteratura nella società, la cultura può aiutare a migliorare la società. Il governo stesso s'è messo a organizzare festival letterari.
I: Quindi, siete del tutto liberi di scrivere quel che volete?
GX: Sì. Io e alcuni colleghi abbiamo organizzato il Festival internazionale di poesia del Lago Qinghai e possiamo invitare chiunque vogliamo. Alberghi, biglietti aerei... non abbiamo limitazioni, possiamo fare tutto.
La rivoluzione culturale fu un periodo di furore iconoclasta alla fine degli anni '60, tragico ultimo atto delle tarde politiche maoiste che sognavano il grande balzo in avanti. Passi più lunghi della gamba che portarono un paese grande quanto un continente a vivere la più grande esplosione demografica della storia dell'umanità in meno di dieci anni, senza uno sviluppo adeguato dell'economia interna. Il Grande Timoniere lasciò i vecchi cento cognomi senza controllo, con squadre di guardie rosse che passeggiavano per le città a distruggere pezzi storici della Cina tradizionale. Per scongiurare l'imborghesimento interno al partito il drago, l'impero del centro rischiò di mangiarsi la coda e da lì l'autofagocitarsi. Si riprese solo con Deng, fatalmente, imborghesendosi.
I: Il tuo rapporto con i problemi sociali che, come affliggono il mondo intero, credo tocchino anche la Cina. Il sistema produttivo, i salari... la tua voce è sentita, è ascoltata dalla lotta e dalla protesta?
GX: Della Cina si mostra spesso il miglioramento delle condizioni di vita nelle grandi città industriali, soprattutto della costa, ma ci sono ancora enormi masse contadine che vivono in povertà. Nelle campagne le scuole sono tuttora in pessimo stato, spesso senza nemmeno i più semplici strumenti di insegnamento. Siamo una grande economia, ma abbiamo ancora molti problemi. Il più grande di tutti è forse l'inquinamento. Io vivo a Pechino, so cosa vuol dire respirare decentemente solo quando si lascia la propria città.
Molti scrittori, molti intellettuali hanno preso a cuore questo problema e lavorano attivamente per migliorare la situazione.
Gao Xing comincia a manifestare una certa abilità diplomatica, al limite della ritrosia, che si renderà evidente nello scambio successivo, incentrato sul tema della giustizia e della struttura del governo cinese.
Il mio avatar si fa più diretto, cita l'immagine che si ha in Italia del governo cinese, un regime che fa sparire chi non 'pensa correttamente'. Vuole una conferma o una smentita secca.
GX: Non conosco esattamente lo stato di cose. Sono voci, ma spesso alla base delle voci c'è qualcosa di vero. Non so esattamente cosa succede, ma sembra che alcune persone siano state arrestate per cose simili. D'altra parte, c'è chi è in carcere per problemi economici... è molto complicato. In ogni caso, la giustizia ha fatto grandi passi avanti rispetto a prima, anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Stiamo migliorando in ogni cosa, anche se a mio parere un po' troppo lentamente. Ho però molta fiducia nelle giovani generazioni: usano internet, hanno una visione molto più ampia, possono sapere tutto ciò che succede nel mondo.
Poeti cinesi, o la diplomazia e l'ottimismo. Il pullman fantasma incrocia per un attimo veicoli di strana foggia, in parte nascosti da una povere desertica, mentre vengo a conoscenza della grande ammirazione di Gao per il nostro Italo Calvino: "ha un'immaginazione sconfinata, ogni suo testo è ricco di metafore brillanti e profonde" - dice in un inglese entusiasta e leggermente balbettante.
Curiosamente ma nemmeno troppo, questa volta le pause tra una considerazione e l'altra sono molto meno meditative. Il mio avatar, incoraggiato forse dal rinnovato spirito ciarliero dell'asiatico compasseggiero, va a toccare per la prima volta il piano idealista con piglio da philosophe, allontanandosi per un attimo dal mio intimo sentire.
I: Bene, da quel che ho potuto capire, hai una visione positiva del futuro: più tecnologia e più comunicazione porteranno a un ventunesimo secolo di pace e collaborazione tra i popoli.
GX: Sì, anche di democrazia. Per noi che viviamo nella parte più industrializzata del mondo è però importante non perdere di vista, ancora una volta, l'ambiente, costantemente minacciato dall'economia capitalista.
I: Credi nella capacità della poesia di imprimere un cambiamento nella società?
GX: Molto limitatamente. Un pochino ce l'ha, ma è davvero una capacità limitata. In ogni caso, è importante per uno scrittore prendere a cuore i temi sociali, credo sia un male la pratica che molti nel mondo adottano di scrivere per loro stessi.
I: Il poeta ha responsabilità.
GX: Esatto, si è responsabili verso la società, verso il mondo. Il ruolo del poeta nel mondo credo sia proprio questo: contribuire a migliorarlo.
Noto, per via della mia confusa quanto, con tutta probabilità, ancora acerba visione mistica/consolatoria dell'arte (un giorno riuscirò a esprimermi e la sede non può essere questa), marcate dissonanze con le due voci parlanti.
In ogni caso, il discorso torna a virare violentemente.
I: La politica estera cinese. La Cina ha tuttora relazioni abbastanza strette con la Corea del Nord, uno degli ultimi se non l'ultimo regime totalitario del mondo. Poi il Tibet. Sono consapevole che spesso le notizie che vengono fatte trapelare qui sono scorrette, ma molti si spendono per la causa. Il Dalai Lama in occidente ha anche figura di rifugiato politico e gode, in generale, di grande stima. La sua è una battaglia per la pace, no? Mettiamoci pure Richard Gere. Una tua opinione su questi due temi.
GX: Sono entrambi argomenti molto delicati. Gli stessi cittadini cinesi hanno opinioni molto differenti, in particolare riguardo alle relazioni con la Corea del Nord. A molti cinesi non piace il leader nordcoreano (Kim Jong Un, ndr), a molti non piace essere vicini ad un Paese del genere.
Io stesso non amo quel Paese.
Sul Tibet, devo dire che c'è qualche equivoco, ma non so molto al riguardo. Ho perfino incontrato il Dalai Lama in persona una volta. Molto educato, molto sorridente. Non sa il cinese. E come disse Milan Kundera, il mondo è sempre più complicato di quel che sembra.
Spesso si tacciono alcuni fatti, quando si parla del Tibet, che contribuirebbero ad avallare una visione quantomeno più articolata della vicenda. Si tace, per esempio, il fatto che prima dell'arrivo (o del ritorno, visto che il Tibet fu già sottoposto all'impero cinese) dell'esercito rivoluzionario cinese il Tibet era retto da un governo paragonabile all'ancien régime di stampo teocratico, dove il cesaropapismo buddista lamaista impediva alla popolazione di una città come Lhasa di conoscere persino l'uso della ruota. Si tace anche il fatto che l'amministrazione cinese da anni ormai promuova il recupero delle tradizioni e delle lingue di minoranza tramite iniziative culturali ai più alti livelli, quali la pubblicazione di libri e giornali in lingua locale e la tutela del patrimonio artistico. Vero anche che le autorità hanno ben inteso il ritorno economico che può derivare da un turismo culturale internazionale e, soprattutto, interno. La perdita dell'innocenza e della vergine autenticità della bellezza artistica di certi luoghi, parlo da cittadino italiano, non è di certo esclusiva tibetana.
Vero anche che nel non lontano XinJiang, o Turkestan, la situazione è molto più calda e complessa che in Tibet. Citando Gao Xing, citando una citazione di Kundera che ignoro, il mondo è sempre più complicato di quello che sembra.
Lascio i due a conversare ancora, in un inglese separato da mezzo mondo di acque e terre, sullo stesso, ignoto pullman in cui mi sono virtualmente ritrovato, pensando a cosa farne di quel poster che ho appeso in camera, a quel poster originale cinese degli anni '70.
Quel poster me lo vendette un curioso personaggio che sosteneva di essere stato un corrispondente italiano del Global Times pechinese, un uomo sulla sessantina, tutto sorridente, che portava con sé dei biglietti da visita su cui era ben visibile la professione 'astronauta'.
"Ti piace questo? 5 euro." - mi indicava un foglio spesso di carta ingiallita, su cui era raffigurato un cinese stilizzato in divisa che declamava caratteri. L'uomo, in statuaria calma orientale, teneva ben alta la mano sinistra impugnando un libretto rosso. Sullo sfondo, sforzi umani carichi di pathos su binari di ferrovie.
Grande maestro Grande comandante
Grande leader Grande timoniere
Lunga vita, lunga vita al presidente Mao
Quarta Armata guardie rosse dell'Università di Pechino, 1967
"L'ho trovato a Shanghai - concluse - lo usavano per incartarci il pesce".
* I non sta per Io 24F autore di Terminal 0, ma per Igor Costanzo poeta del Garda, collega di Gao Xing e calcatore di affini palcoscenici, che ringrazio per la preziosa controvoce.
24F
Gao Xing del '63, poeta girafestival internazionali e studioso di letteratura rumena, conversa con il mio anonimo avatar che chiameremo I(*), reduci entrambi da un evento pubblico di cui ignoro ulteriori dettagli.
La prima domanda fa da coda a un discorso pronunciato in precedenza, forse su un palco, forse no.
I: La libertà di scrittura in Cina. Dicevi che ora siete molto più liberi di scrivere quel che volete rispetto a prima, giusto?
GX: Sì, il nostro Paese è passato attraverso la rivoluzione culturale, dove ogni libertà d'espressione era negata. La situazione di oggi è molto molto migliore: possiamo esprimerci come vogliamo e in molti mezzi. Possiamo pubblicare le nostre poesie su riviste, possiamo organizzare premi e festival.
Il governo ha capito il ruolo della letteratura nella società, la cultura può aiutare a migliorare la società. Il governo stesso s'è messo a organizzare festival letterari.
I: Quindi, siete del tutto liberi di scrivere quel che volete?
GX: Sì. Io e alcuni colleghi abbiamo organizzato il Festival internazionale di poesia del Lago Qinghai e possiamo invitare chiunque vogliamo. Alberghi, biglietti aerei... non abbiamo limitazioni, possiamo fare tutto.
La rivoluzione culturale fu un periodo di furore iconoclasta alla fine degli anni '60, tragico ultimo atto delle tarde politiche maoiste che sognavano il grande balzo in avanti. Passi più lunghi della gamba che portarono un paese grande quanto un continente a vivere la più grande esplosione demografica della storia dell'umanità in meno di dieci anni, senza uno sviluppo adeguato dell'economia interna. Il Grande Timoniere lasciò i vecchi cento cognomi senza controllo, con squadre di guardie rosse che passeggiavano per le città a distruggere pezzi storici della Cina tradizionale. Per scongiurare l'imborghesimento interno al partito il drago, l'impero del centro rischiò di mangiarsi la coda e da lì l'autofagocitarsi. Si riprese solo con Deng, fatalmente, imborghesendosi.
I: Il tuo rapporto con i problemi sociali che, come affliggono il mondo intero, credo tocchino anche la Cina. Il sistema produttivo, i salari... la tua voce è sentita, è ascoltata dalla lotta e dalla protesta?
GX: Della Cina si mostra spesso il miglioramento delle condizioni di vita nelle grandi città industriali, soprattutto della costa, ma ci sono ancora enormi masse contadine che vivono in povertà. Nelle campagne le scuole sono tuttora in pessimo stato, spesso senza nemmeno i più semplici strumenti di insegnamento. Siamo una grande economia, ma abbiamo ancora molti problemi. Il più grande di tutti è forse l'inquinamento. Io vivo a Pechino, so cosa vuol dire respirare decentemente solo quando si lascia la propria città.
Molti scrittori, molti intellettuali hanno preso a cuore questo problema e lavorano attivamente per migliorare la situazione.
Gao Xing comincia a manifestare una certa abilità diplomatica, al limite della ritrosia, che si renderà evidente nello scambio successivo, incentrato sul tema della giustizia e della struttura del governo cinese.
Il mio avatar si fa più diretto, cita l'immagine che si ha in Italia del governo cinese, un regime che fa sparire chi non 'pensa correttamente'. Vuole una conferma o una smentita secca.
GX: Non conosco esattamente lo stato di cose. Sono voci, ma spesso alla base delle voci c'è qualcosa di vero. Non so esattamente cosa succede, ma sembra che alcune persone siano state arrestate per cose simili. D'altra parte, c'è chi è in carcere per problemi economici... è molto complicato. In ogni caso, la giustizia ha fatto grandi passi avanti rispetto a prima, anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Stiamo migliorando in ogni cosa, anche se a mio parere un po' troppo lentamente. Ho però molta fiducia nelle giovani generazioni: usano internet, hanno una visione molto più ampia, possono sapere tutto ciò che succede nel mondo.
Poeti cinesi, o la diplomazia e l'ottimismo. Il pullman fantasma incrocia per un attimo veicoli di strana foggia, in parte nascosti da una povere desertica, mentre vengo a conoscenza della grande ammirazione di Gao per il nostro Italo Calvino: "ha un'immaginazione sconfinata, ogni suo testo è ricco di metafore brillanti e profonde" - dice in un inglese entusiasta e leggermente balbettante.
Curiosamente ma nemmeno troppo, questa volta le pause tra una considerazione e l'altra sono molto meno meditative. Il mio avatar, incoraggiato forse dal rinnovato spirito ciarliero dell'asiatico compasseggiero, va a toccare per la prima volta il piano idealista con piglio da philosophe, allontanandosi per un attimo dal mio intimo sentire.
I: Bene, da quel che ho potuto capire, hai una visione positiva del futuro: più tecnologia e più comunicazione porteranno a un ventunesimo secolo di pace e collaborazione tra i popoli.
GX: Sì, anche di democrazia. Per noi che viviamo nella parte più industrializzata del mondo è però importante non perdere di vista, ancora una volta, l'ambiente, costantemente minacciato dall'economia capitalista.
I: Credi nella capacità della poesia di imprimere un cambiamento nella società?
GX: Molto limitatamente. Un pochino ce l'ha, ma è davvero una capacità limitata. In ogni caso, è importante per uno scrittore prendere a cuore i temi sociali, credo sia un male la pratica che molti nel mondo adottano di scrivere per loro stessi.
I: Il poeta ha responsabilità.
GX: Esatto, si è responsabili verso la società, verso il mondo. Il ruolo del poeta nel mondo credo sia proprio questo: contribuire a migliorarlo.
Noto, per via della mia confusa quanto, con tutta probabilità, ancora acerba visione mistica/consolatoria dell'arte (un giorno riuscirò a esprimermi e la sede non può essere questa), marcate dissonanze con le due voci parlanti.
In ogni caso, il discorso torna a virare violentemente.
I: La politica estera cinese. La Cina ha tuttora relazioni abbastanza strette con la Corea del Nord, uno degli ultimi se non l'ultimo regime totalitario del mondo. Poi il Tibet. Sono consapevole che spesso le notizie che vengono fatte trapelare qui sono scorrette, ma molti si spendono per la causa. Il Dalai Lama in occidente ha anche figura di rifugiato politico e gode, in generale, di grande stima. La sua è una battaglia per la pace, no? Mettiamoci pure Richard Gere. Una tua opinione su questi due temi.
GX: Sono entrambi argomenti molto delicati. Gli stessi cittadini cinesi hanno opinioni molto differenti, in particolare riguardo alle relazioni con la Corea del Nord. A molti cinesi non piace il leader nordcoreano (Kim Jong Un, ndr), a molti non piace essere vicini ad un Paese del genere.
Io stesso non amo quel Paese.
Sul Tibet, devo dire che c'è qualche equivoco, ma non so molto al riguardo. Ho perfino incontrato il Dalai Lama in persona una volta. Molto educato, molto sorridente. Non sa il cinese. E come disse Milan Kundera, il mondo è sempre più complicato di quel che sembra.
Spesso si tacciono alcuni fatti, quando si parla del Tibet, che contribuirebbero ad avallare una visione quantomeno più articolata della vicenda. Si tace, per esempio, il fatto che prima dell'arrivo (o del ritorno, visto che il Tibet fu già sottoposto all'impero cinese) dell'esercito rivoluzionario cinese il Tibet era retto da un governo paragonabile all'ancien régime di stampo teocratico, dove il cesaropapismo buddista lamaista impediva alla popolazione di una città come Lhasa di conoscere persino l'uso della ruota. Si tace anche il fatto che l'amministrazione cinese da anni ormai promuova il recupero delle tradizioni e delle lingue di minoranza tramite iniziative culturali ai più alti livelli, quali la pubblicazione di libri e giornali in lingua locale e la tutela del patrimonio artistico. Vero anche che le autorità hanno ben inteso il ritorno economico che può derivare da un turismo culturale internazionale e, soprattutto, interno. La perdita dell'innocenza e della vergine autenticità della bellezza artistica di certi luoghi, parlo da cittadino italiano, non è di certo esclusiva tibetana.
Vero anche che nel non lontano XinJiang, o Turkestan, la situazione è molto più calda e complessa che in Tibet. Citando Gao Xing, citando una citazione di Kundera che ignoro, il mondo è sempre più complicato di quello che sembra.
Lascio i due a conversare ancora, in un inglese separato da mezzo mondo di acque e terre, sullo stesso, ignoto pullman in cui mi sono virtualmente ritrovato, pensando a cosa farne di quel poster che ho appeso in camera, a quel poster originale cinese degli anni '70.
Quel poster me lo vendette un curioso personaggio che sosteneva di essere stato un corrispondente italiano del Global Times pechinese, un uomo sulla sessantina, tutto sorridente, che portava con sé dei biglietti da visita su cui era ben visibile la professione 'astronauta'.
"Ti piace questo? 5 euro." - mi indicava un foglio spesso di carta ingiallita, su cui era raffigurato un cinese stilizzato in divisa che declamava caratteri. L'uomo, in statuaria calma orientale, teneva ben alta la mano sinistra impugnando un libretto rosso. Sullo sfondo, sforzi umani carichi di pathos su binari di ferrovie.
Grande maestro Grande comandante
Grande leader Grande timoniere
Lunga vita, lunga vita al presidente Mao
Quarta Armata guardie rosse dell'Università di Pechino, 1967
"L'ho trovato a Shanghai - concluse - lo usavano per incartarci il pesce".
* I non sta per Io 24F autore di Terminal 0, ma per Igor Costanzo poeta del Garda, collega di Gao Xing e calcatore di affini palcoscenici, che ringrazio per la preziosa controvoce.
24F